Gli infermieri: ‘Una domanda di cure c’è’
Il boom dell’offerta, che ha provocato la moratoria, sarebbe dovuto (anche) a fattori come le preferenze dei pazienti e l’invecchiamento della popolazione
di Leonardo Terzi
Il tema è caldo: l’esplosione dell’offerta nel campo delle cure a domicilio, col proliferare di servizi spitex privati ma anche e soprattutto di infermieri indipendenti, 612 a ottobre quelli abilitati a fatturare, che nel frattempo dovrebbero essere saliti a 640 circa in Ticino (un effetto della imminente moratoria) cifra superiore alla media nazionale. Un fenomeno che avrebbe comportato una crescita dei costi a carico delle casse malati (che poi vengono ribaltati sugli assicurati), sotto accusa anche il comportamento non dei più cristallini da parte di alcuni servizi privati e infermieri indipendenti. Se ne è parlato anche alla recente assemblea di Scudo. Dopo molte polemiche, la moratoria nel campo delle cure a domicilio è stata confermata e addirittura anticipata di un mese, già in vigore il primo dicembre. A giochi fatti c’è però chi tiene a precisare ruolo e senso degli infermieri indipendenti, categoria in effetti molto presa di mira, anche e soprattutto dai servizi spitex pubblici, come ultimamente Scudo. Lilia NodariCereda, veterana della professione infermieristica nel Luganese, e Responsabile sportello indipendenti presso ASI-SBK Sezione Ticino, espone il punto di vista della categoria alla luce dei numerosi attacchi ricevuti mentre, dice, «non si deve dare tutta la colpa dell’aumento delle casse malattia solo agli infermieri indipendenti, ma a tutto il sistema della medicina che deve essere più controllato. Inoltre, anche se si hanno delle informazioni riguardo ad abusi, che non si spari nel mucchio ma che si usino i canali di denuncia, sia verso le casse malattia che verso la commissione di vigilanza cantonale». E ha dovuto fronteggiare l’anticipo dei tempi della moratoria, «guardi, proprio ieri ho sentito una collega che aveva dato le dimissioni dall’istituto dove lavora e che non ha fatto in tempo a ottenere il numero di concordato per lavorare da indipendente... Noi consigliavamo di anticipare la pratica, ma siamo rimasti sorpresi da questo anticipo. Avevamo proposto al Governo, invece della moratoria, di alzare i requisiti a 5 anni di esperienza o due anni presso un servizio domiciliare, visto che oggi ci sono infermieri che si mettono in proprio dopo soli due anni dal diploma».
Questione di fiducia
Resta la forte crescita dell’offerta: al di là di qualche precisazione numerica rispetto alle cifre veicolate (ovvero: «le persone in Svizzera hanno in mano un numero di concordato e possono perciò fatturare direttamente alle casse malati, e sono perciò 3’124. In proporzione, è vero, i numeri del Ticino sono comunque alti, ma cambia un po’») restano alcune cose da spiegare, dice Lilia Nodari-Cereda. Iniziando dal rapporto umano di fiducia che si instaura tra il paziente, o i suoi familiari, e l’infermiere. «Io per esempio, ho lavorato 20 anni in un servizio pubblico, dunque la gente mi ha conosciuto bene qui in Malcantone, e da 15 anni sono indipendente, perciò vengo interpellata, ad esempio, anche dal figlio, o dal vicino di casa della persona in questione. Gli istituti e gli ospedali hanno delle liste di infermieri da assegnare al paziente che viene dimesso e torna a casa, ma spesso quest’ultimo preferisce affidarsi a persone che conosce, oppure è rimasto insoddisfatto da cure ricevute in passato. Perché, bisogna ricordare, è nel diritto del paziente scegliere da chi farsi curare, che sia un servizio pubblico, un servizio privato o un infermiere indipendente. E il prezzo che la cassa malati paga è uguale in tutti e tre i casi».
C’è poi una metamorfosi nella società. «Se proprio devo dirlo, mi sembra che negli anni le persone siano diventate sempre più esigenti. Le faccio un esempio banale. Premesso che bisognerebbe distinguere tra le varie patologie, una volta si accettava che l’infermiera venisse una o due volte alla settimana, adesso si chiede che venga tutti i giorni, anche solo perché la persona vuole fare la doccia quotidianamente. Mi sembra che dipenda anche dalle zone: nella mia (Malcantone ndr) c’è anche del volontariato, si conta sull’aiuto dei vicini di casa, mentre in una città come Lugano la persona rischia di trovarsi abbandonata a sé stessa e deve per forza fare capo a servizi che lavorano sul territorio. Ci sono anche altri aspetti. Oggi i pazienti vengono dimessi dagli ospedali prima che in passato. Due o tre giorni dopo l’operazione vengono rimandati a casa. E chiaramente hanno bisogno di medicazioni e di varie cure. Con i ‘DRG’ i giorni in ospedale sono limitati al minimo». C’è infine il fattore età: «L’operazione all’anca per un novantenne è diversa che per un ventenne. Con una popolazione che invecchia, è naturale che la domanda aumenti. Poi, sarà vero che anche l’offerta di servizi è aumentata, ma questo vale per tutti».
In fuga da impieghi poco attrattivi
Non estranee alla ‘fuga’ verso la libera professione, rilevata anche da Scudo, vi sarebbero le condizioni di lavoro presso gli istituti stazionari. «Gli ospedali dicono di non riuscire a trovare infermieri e poi propongono contratti precari, per tre mesi, sei mesi, oppure rifiutano allievi freschi di diploma perché ‘non hanno esperienza’. Io quando finii la scuola a Zurigo, dove vivevo, trovai subito posto prima a Zurigo e poi al Civico di Lugano. E ci sono gruppi ospedalieri privati dove si fanno turni di lavoro da 12 ore, chiaramente è una cosa che consuma. Anche da Scudo in diversi se ne vanno perché fanno troppe ore di picchetto o si sentono ‘sbattuti’ di qua e di là, con cambi di turno, pazienti mai visti prima e così via. Sono situazioni che mettono un po’ di ansia», dice ancora Lilia Nodari-Cereda.
Che non si nasconde sul tema delle fatturazioni abusive, estranee alle prestazioni mediche. «È vero che ci sono degli abusi, ne siamo al corrente anche noi. Ma bisogna aggiungere che ultimamente le casse malati chiedono sempre più conto delle cure prestate, nel dettaglio. Parlo soprattutto delle più grandi, mentre altre casse malati forse non hanno la struttura per fare delle verifiche. Noi dobbiamo scrivere qual è il bisogno del paziente, e io non posso fatturare 40 minuti per una misurazione del polso e della pressione...».
LUGANO E DINTORNI
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2024-12-10T08:00:00.0000000Z
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