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‘THRILLER’ 40 anni di un album killer

Oltre il ‘muro’

Michael Jackson era reduce dalla delusione del disco precedente,

Off The Wall, che – seppur arrivato al n. 1 – non era stato subito apprezzato dalla critica e aveva conquistato un solo Grammy come Miglior interprete soul, mentre in cuor suo Michael si aspettava di ricevere quello di Migliore album dell’anno. Si sentiva sottovalutato dallo star system musicale, visto che la rivista Rolling Stone aveva rifiutato di realizzare una storia di copertina su di lui. “Mi è stato detto più e più volte che i neri sulla copertina delle riviste non vendono copie. Aspettate, un giorno quelle riviste mi pregheranno per un colloquio. Forse gliene darò uno, o forse no”.

La delusione, unita a quel senso di solitudine che avanzava interiormente inesorabile, produssero la tensione necessaria per affrontare con determinazione l’inizio della nuova avventura discografica, in grado di rappresentare il riscatto definitivo. “Ero deluso dagli album con una hit e il resto semplici lati B”, dichiarò. “Perché invece non realizzarne uno con tutte hit? Perché non avere tutti singoli bellissimi che la gente avrebbe comprato volentieri anche da soli? Questo era il mio scopo quando iniziammo a lavorare a questo disco”.

Un lupo mannaro americano nel pop

Per realizzare questo nuovo progetto, Michael Jackson si affidò nuovamente a Quincy Jones, produttore del disco precedente. Il comune intento era quello di conquistare anche il pubblico bianco del pop e del rock, ancora molto distante dal nuovo groove afroamericano. Intento centrato in pieno: Thriller è diventato un fenomeno culturale e multimediale globale sia per il XX che per il XXI secolo, infrangendo le barriere musicali e modificando per sempre le frontiere del pop, diventando il disco che per la prima volta affidava ai video le sue sorti. Complici un budget fino ad allora impensabile e un regista visionario come John Landis.

Un video musicale di quattordici minuti era al tempo inimmaginabile, ma ha fatto di Thriller il capolavoro della nuova era dei videoclip. La canzone venne scritta da Rod Temperton (già autore di Rock With You e Off The Wall) dopo un giro notturno in taxi in una Los Angeles, a quell’ora, surreale; l’atmosfera notturna è lo sfondo dell’incontro tra i due protagonisti, con la trasformazione di Michael Jackson in lupo mannaro, e la trasformazione di tutto ciò che si muove intorno a lui. Coreografia strepitosa con in sottofondo la voce terrorifica di Vincent Price e la regia unica di Landis, per il quale Michael Jackson stravedeva. Per lui e per il suo film di culto, Un lupo

mannaro americano a Londra, uscito l’anno prima.

Black or white

L’apertura di Thriller è affidata a “Wanna Be Startin’ Something”, che Michael Jackson e Quincy Jones conservavano nel cassetto dall’album precedente. Registrata nel 1978, venne ripresa quattro anni dopo con un arrangiamento completamente diverso. È il trionfo della nuova elettronica, con il poderoso contributo di una sezione fiati forte e precisa, un carnevale sonoro di percussioni e vitalità che cattura perfettamente la diversità, la fusione e la velocità di una nuova era. Ecco la nuova matrice del funky afroamericano che non dimentica le origini, citando il sassofonista camerunense Manu Dibango e il suo “Mama-say mama-sah ma-ma-coo-sah” dal brano “Soul Makossa”, il primo mattone del Funky. All’interno dell’album, Michael Jackson desiderava avere almeno un duetto e per “The Girl Is Mine”, nata da un’intuizione di Quincy Jones, volle a fianco a sé Paul McCartney con il quale aveva già inciso alcuni pezzi, compresa “Say, Say, Say”. Alcuni critici storsero la bocca, definendola troppo leggera, ma “The Girl Is Mine” spazzò via i pregiudizi di radio e classifiche americane, che ancora facevano grande distinzione fra razze: le radio e le classifiche del rock erano dominate da artisti bianchi, mentre quelle del rhythm’n’blues da afroamericani. Con questa canzone, il primo duetto nella storia della musica in cui un uomo di colore e un uomo bianco si contendono la stessa ragazza, radio e classifiche dovettero cancellare le vecchie categorie.

Rock nero, o dance metal

La seconda facciata di Thriller si apre con una tripletta micidiale. A iniziare da “Beat It”, il brano più rock di tutta la discografia di Michael Jackson. “Volevo suonare il tipo di canzone rock che mi avrebbe fatto venire voglia di uscire subito di casa per andarla a comprare, ma anche qualcosa di totalmente diverso dal tipo di musica rock che ascoltavo alla radio”. A dare quel suono forte e violento di chitarra fu chiamato Eddie Van Halen, che mise tanta di quella foga nell’assolo da mandare in tilt l’amplificazione di sala. “Beat It” è il primo crossover discografico, tanto che qualcuno l’ha definito “rock nero” e qualcun altro “dance metal”. Eddie Van Halen, gratificato dall’invito così prestigioso di Michael Jackson e Quincy Jones, non volle neanche un dollaro per la sua prestazione.

Un aspetto che caratterizzò tutta la lavorazione di Thriller fu che Michael Jackson volle incidere tutte le parti cantate completamente al buio, così da essere sempre al massimo della concentrazione. Fu così soprattutto per “Billie Jean”, storia

– vera – di una ragazza ossessionata dall’aspettare un figlio proprio da Michael Jackson, una stalker che per lungo tempo non gli rese la vita facile, condannata poi per molestie. Musicalmente, in “Billie Jean” è il giro di basso a far muovere tutto il pezzo, mentre nel video trionfa l’abilità coreografica dell’artista, complice il moonwalk, il passo di danza da lui inventato, quella specie di camminata all’indietro, al rallentatore, che sembra portata in totale assenza di gravità. Un passo che incuriosì Fred Astaire, che durante le riprese gli chiese d’insegnarglielo, dicendogli: “Ti muovi in modo divino, sei un ballerino infuriato, proprio come me”.

L’umana natura

Quel ‘tris d’assi’ venne completato da “Human Nature”, il pezzo sospeso nel tempo, che venne inserito all’ultimo: Quincy Jones chiese ai Toto, che avevano suonato in tutto il disco, se avessero qualche canzone per completare l’album; il tastierista Steve Porcaro propose questo brano, scritto un giorno in cui sua figlia Heather era tornata da scuola in lacrime perché un suo compagno l’aveva spinta giù dallo scivolo. Papà Steve le disse: “Non preoccuparti, fa parte della natura umana”. Michael Jackson restò folgorato dalla leggerezza della canzone e mentre i Toto la stavano incidendo, Michael disse loro di suonare liberamente. David Paich, pianista e cantante dei Toto, ha poi dichiarato: “Michael ci coinvolse molto nel progetto, ed era un perfezionista. Stava sempre in sala con noi, seduto da una parte, dicendo: ‘Io voglio solo che voi abbiate la più completa libertà di quello che fate. Immaginate di essere Michelangelo mentre dipinge la Cappella Sistina. Non sentite limiti’”.

DI TUTTO UN POP

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2022-12-03T08:00:00.0000000Z

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https://epaper.laregione.ch/article/282445648081307

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