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Netanyahu, guerra a oltranza Colpita una chiesa a Gaza

Diplomazia in scacco, appello di papa Leone

La guerra a oltranza condotta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu per restare al potere, al riparo anche da guai giudiziari, corre in lungo e in largo in tutto il Medio Oriente, dall’Iran al Mediterraneo, attirando condanne e critiche da mezzo mondo. E costringendo “l’amico” Donald Trump e i suoi inviati speciali a fare gli straordinari per tentare di contenere l’inasprimento e l’allargamento del confitto.

Se i morti nella chiesa cattolica di Gaza sembrano aver scosso dal torpore alcuni governi europei circa la mattanza in corso nella Striscia – un tribunale belga ferma l’invio di armi a Israele, la Slovenia vieta l’ingresso a ministri dell’ultradestra israeliana –, i clamorosi raid aerei israeliani sui centri del potere militare a Damasco hanno recapitato sul tavolo di Netanyahu le reprimende da parte di Russia, Cina, Emirati: tutti Paesi che hanno rapporti, più o meno stretti, con lo Stato ebraico. L’autoproclamato presidente siriano Ahmad Sharaa, che ha preso il potere in dicembre dopo esser stato a lungo un capo milizia di ispirazione qaedista, ha accusato Israele di “seminare divisioni” nell’area e di “provocare tensioni e caos”. Proprio Sharaa, ormai non più considerato “terrorista” dagli Usa, è in contatto, tramite Washington, con Netanyahu.

Gli stessi inviati speciali americani in Medio Oriente, da Steve Witkoff a Thomas Barack, hanno faticato nelle ultime ore a tenere a freno la furia militare israeliana in Siria. Eppure, il premier israeliano, che aveva già dato ordine di bombardare Damasco nella primavera del 2024 (attacco al consolato iraniano), ha ribadito l’intenzione di proseguire con la sua strategia. E sulla Siria, dove l’esercito israeliano occupa da otto mesi territori tra il Golan e Damasco, alza la posta: “Continueremo a usare i mezzi militari per far rispettare le nostre linee rosse: smilitarizzare l’area a sud di Damasco, dalle alture del Golan alla montagna drusa, e proteggere i fratelli dei nostri fratelli, i drusi”, ha detto il premier, riferendosi alla sempre più influente comunità drusa della Galilea israeliana. La guerra di Netanyahu non si ferma nemmeno nel vicino Libano, dove anche giovedì Israele ha condotto raid aerei contro installazioni di Hezbollah nel Sud. Questi attacchi avvengono nonostante l’accordo per il cessate il fuoco, raggiunto tra Israele e Hezbollah tramite il governo di Beirut, lo scorso novembre. E nonostante la presenza di un “meccanismo di de-escalation” formalmente presieduto in Libano da alti ufficiali statunitensi e francesi.

Ferito il parroco amico di Francesco

La chiesa della Sacra Famiglia, l’unica cattolica nella Striscia di Gaza diventata rifugio per sfollati, è stata colpita giovedì da un colpo di artiglieria dell’esercito israeliano poco dopo la messa mattutina: tre persone sono morte, altre nove sono rimaste ferite (una versa in condizioni critiche, due sono gravi). Ferito lievemente a una gamba anche il parroco, il padre argentino Gabriel Romanelli, che papa Francesco dopo il 7 ottobre usava chiamare quasi tutti i giorni per avere notizie della piccola comunità cristiana nell’enclave palestinese. Ieri anche papa Leone XIV ha voluto far sentire la sua voce e il proprio dolore, rinnovando “il suo appello per un immediato cessate il fuoco”. Il Patriarcato Latino di Gerusalemme, guidato dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha condannato “l’attacco contro civili innocenti e contro un luogo sacro”. “Tuttavia – ha sottolineato in una nota – questa tragedia non è più grande né più terribile di molte altre che hanno colpito Gaza”, dove si sono contate altre 94 vittime nelle ultime 24 ore. “È giunto il momento che i leader alzino la voce e facciano tutto il necessario per fermare questa tragedia, umanamente e moralmente ingiustificabile”.

“Siamo grati a papa Leone per le sue parole di conforto. Israele sta indagando sull’incidente e rimane impegnato a proteggere i civili e i luoghi sacri”, ha fatto sapere l’ufficio del premier Netanyahu. Quest’ultimo si è detto “profondamente dispiaciuto”. Ma non basta a frenare l’indignazione della comunità internazionale, nella quale cresce l’insofferenza per le troppe vittime civili.

ESTERO / SVIZZERA

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2025-07-18T07:00:00.0000000Z

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