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‘Le donne non sono al sicuro nel nostro Paese’

Baume-Schneider denuncia un ‘problema sociale grave’

Lunedì – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – bastava scorrere le notizie d’agenzia e dare un’occhiata ai siti dei principali giornali per rendersi conto di quanto il fenomeno sia presente nella quotidianità della placida Svizzera: “Una donna svizzera di 33 anni è stata gravemente ferita dal suo compagno ieri sera nell’atrio di un edificio a Le Locle (Ne). L’aggressore è stato arrestato sul posto”; “Un uomo di 26 anni ha costretto una donna a compiere atti sessuali in un appartamento della città di Zugo sabato scorso e poco dopo è stato ritrovato senza vita dalla polizia nel cortile dell’edificio”; “Lunedì il canton Neuchâtel ha inaugurato un nuovo centro di medicina delle violenze presso il sito di Pourtalès del Réseau hospitalier neuchâtelois. La nuova struttura offre consulenze gratuite alle vittime dai 16 anni in su e migliora la presa a carico medico-legale”; “Chiesti 18 anni per il marito violento. Un 36enne serbo residente nel Bellinzonese è accusato di tentato omicidio e violenza carnale. La difesa chiede il proscioglimento: ‘Non ci sono prove’”.

“Le donne non sono al sicuro nel nostro Paese”, ha affermato lunedì la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider (Ps). “È un problema sociale grave, triste e rivoltante, e l’indifferenza è inaccettabile”, ha aggiunto, esprimendosi nel quadro del primo Dialogo nazionale su violenza, genere e discriminazione. La giurassiana ha presentato a Berna il rapporto intermedio sul piano d’azione nazionale per l’attuazione della Convenzione di Istanbul 2022-2026. Il documento tratteggia un quadro in chiaroscuro: nella lotta alla violenza di genere, la Confederazione è sulla buona strada, ma ci sono ambiti dove è necessario intervenire con maggior incisività.

A Zurigo la polizia interviene 20 volte al giorno per casi di violenza domestica e ogni mese in Svizzera almeno una donna viene uccisa in questo contesto, ha detto la ministra della Sanità, auspicando un “cambiamento di paradigma”. Il consigliere di Stato Norman Gobbi (Lega), membro di comitato della Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia, ha spiegato che negli ultimi due anni sono stati fatti molti progressi. I reati di violenza contro le donne e le ragazze sono ormai un aspetto importante nella formazione della polizia e dei pubblici ministeri, poiché le vittime devono poter contare sul loro lavoro. Ma non basta.

Tre ambiti d’azione

“Progressi sostanziali devono essere realizzati entro il 2026”, ha sottolineato Baume-Schneider. Sono tre gli ambiti messi a fuoco da Confederazione, Cantoni e Comuni.

Per quanto riguarda le cause, spesso riconducibili a stereotipi di genere, alla fine del 2025 sarà lanciata una campagna nazionale di prevenzione. Parallelamente verrà introdotto in tutta la Svizzera un numero telefonico di consulenza per le vittime, gratuito e disponibile 24 ore al giorno. Si intende poi promuovere maggiormente il comportamento non violento nelle scuole e nello sport.

Sarà inoltre necessario migliorare la formazione e la consapevolezza delle persone coinvolte nei settori della sanità, dell’istruzione e della giustizia. A tal fine, l’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (Ufu) sta elaborando standard minimi per la formazione iniziale e continua in 15 settori professionali.

Infine, sarà posta al centro dell’attenzione anche la protezione contro la violenza sessualizzata. Le misure previste includono campagne di sensibilizzazione mirate, lo sviluppo di standard per i programmi rivolti agli autori di violenza e una migliore accessibilità alle offerte di assistenza medica e medico-legale. Quest’ultima misura è anche oggetto della revisione parziale della legge federale concernente l’aiuto alle vittime di reati, attualmente in consultazione.

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2024-11-26T08:00:00.0000000Z

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