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A Ginevra un timido spiraglio diplomatico

Il ministro degli Esteri iraniano: pronti al dialogo, ma Israele deve cessare gli attacchi

“L’Iran è disponibile a proseguire il dialogo”, ma solo dopo che “l’aggressione finirà e l’aggressore sarà ritenuto responsabile”. Lo ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, dicendosi pronto a incontrare nuovamente le sue controparti nello stesso formato di venerdì. L’atteso vertice di Ginevra tra la delegazione europea e Teheran riaccende una timida speranza per i negoziati sulla guerra in Medio Oriente. L’obiettivo di Francia, Gran Bretagna, Germania e Ue era innanzitutto che la diplomazia tornasse a farsi spazio tra le bombe. E tutto sommato poteva andare molto peggio.

Araghchi, l’uomo del dialogo del regime degli ayatollah, non ha chiuso le porte agli europei. Ha concesso una sia pur minima apertura sul programma nucleare. Non ha negato ai suoi interlocutori la possibilità che i colloqui proseguano con gli Stati Uniti. A lui, gli europei hanno voluto portare una proposta che andasse oltre il nucleare, e che toccasse anche lo stop al sostegno militare dell’Iran alla Russia e a gruppi terroristici come Hamas. “La scelta militare non può risolvere il problema del nucleare, ma solo ritardarlo”, ha sottolineato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Fermo restando che per l’Occidente la sicurezza di Israele resta e resterà “una priorità”, ha detto l’omologo tedesco Johann Wadephul. “La discussione è stata seria e rispettosa. L’Iran è pronto a considerare ancora una volta la diplomazia. Siamo a favore del proseguimento delle discussioni con l’E3 [Francia, Gran Bretagna e Germania, ndr] e l’Ue, pronti a incontrarci di nuovo nel prossimo futuro”, ha spiegato Araghchi al termine del vertice. Il ministro ha però puntualizzato che un negoziato vero e proprio è possibile solo se Israele fermerà gli attacchi. “Trump può facilmente fermare la guerra con una sola telefonata agli israeliani”, ha suggerito un funzionario della presidenza iraniana. “L’Iran deve proseguire i colloqui con gli Usa”, ha sollecitato David Lammy. Poche ore prima, da Washington, il britannico aveva quasi anticipato l’esito del vertice di Ginevra, parlando di una “finestra per la diplomazia”. Uno spazio che potrebbe durare due settimane, ovvero la deadline entro la quale Trump ha annunciato che deciderà se attaccare o no l’Iran. Sempre ieri, l’ambasciata elvetica in Iran è stata chiusa: la situazione non consentiva di garantire la sicurezza dello staff e dei locali, ha spiegato il ministro degli Esteri Ignazio Cassis in una conferenza stampa a Berna dedicata al credito di 269 milioni di franchi stanziato dal Consiglio federale per consolidare il ruolo di Ginevra come centro del multilateralismo. Cinque dipendenti avevano abbandonato Teheran martedì verso il Turkmenistan; gli ultimi sette membri del corpo diplomatico svizzero – tra cui l’ambasciatrice Nadine Olivieri Lozano – hanno lasciato il Paese nella notte tra giovedì e venerdì e sono entrati in Azerbaigian. Il personale tornerà a Teheran quando la situazione lo permetterà.

A Gaza ennesima strage di civili

Intanto aumentano i crateri e la distruzione in Iran e Israele, che non fanno concessioni sul terreno e continuano a scambiarsi salve di missili. Per Benjamin Netanyahu, l’obiettivo resta il medesimo: fermare il nucleare dell’Iran, “con o senza il contributo di Trump”. E il capo di stato maggiore dell’Idf Eyal Zamir ha invitato gli israeliani a prepararsi a una “campagna prolungata” contro l’Iran. Prevedendo “giorni difficili” per la popolazione, che intanto subisce la risposta iraniana con la distruzione portata dai bombardamenti su Tel Aviv, Beer Sheva e Haifa, importante porto e centro industriale dello Stato ebraico. Nel frattempo il bagno di sangue a Gaza prosegue senza sosta: almeno 60 i morti venerdì, 31 uccisi dal fuoco israeliano vicino ai centri di distribuzione degli aiuti. L’ennesima strage silenziosa nella Striscia.

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