Guy Parmelin (Udc) sarà il presidente della Confederazione nel 2026. Mercoledì l’Assemblea federale ha eletto il 66enne vodese – da molti lodato per la gestione del dossier dazi Usa (vedi sopra) – con un risultato strepitoso: 203 voti su 210 schede valide. Pochi finora avevano fatto meglio (il record è detenuto da due socialisti: il basilese Hans-Peter Tschudi, 213 voti nel 1970; il solettese Willy Ritschard, 213 voti nel 1978). Gli ultimi presidenti della Confederazione invece hanno ottenuto tutti risultati ben inferiori. La peggiore: Micheline Calmy-Rey (Ps/Ge), 106 voti nel 2011. Agricoltore di formazione, Parmelin – che ha esordito in italiano nel suo discorso – è stato eletto in Consiglio federale 10 anni e un giorno fa. È al suo secondo anno presidenziale, dopo quello del 2021. Il mal di schiena, una caduta in ufficio, l’aver raggiunto l’età pensionabile e il fatto di essere il membro più longevo del Governo alimentano regolarmente le voci su un suo ritiro anzitempo. Lui ha sempre smentito. Molti a Berna pensano che saluterà tutti nel 2027, lasciatosi alle spalle l’anno presidenziale e prima delle elezioni federali (ottobre 2027).

L’elezione del presidente della Confederazione e del vicepresidente è un rituale dall’esito scontato, che si ripete ogni anno il secondo mercoledì della sessione invernale delle Camere federali. Dà però la temperatura del gradimento di un ministro fra i parlamentari. Non molto gradito risulta dunque Ignazio Cassis (Plr), eletto alla vicepresidenza con 144 voti su 190 schede valide. Un risultato discreto, più o meno in linea con le attese. Una ventina di voti sono andati ad Albert Rösti, anziché al ticinese che piace poco sia a destra (in quanto titolare del dossier ‘Bilaterali’), sia a sinistra (per le sue timide prese di posizione su Gaza). Ad assistere all’elezione, in tribuna, una delegazione del Consiglio di Stato: Norman Gobbi (presidente), Marina Carobbio Guscetti, Raffaele De Rosa e il Cancelliere Arnoldo Coduri.