laRegione

‘Il principio di solidarietà non è in pericolo’

Il parlamento vuole che la franchigia minima venga aumentata. Nell’intervista, l’esperto di Comparis Felix Schneuwly spiega perché lo trova giusto

di Stefano Guerra

Signor Schneuwly, come giudica la decisione?

Mi ha sorpreso, da un certo punto di vista. Finora le proposte di aumentare le franchigie non avevano mai avuto fortuna.

Qual è la sua opinione?

Parliamo della partecipazione ai costi da parte degli assicurati. In Svizzera, questi pagano di tasca propria una quota maggiore rispetto a quanto succede altrove. Si tratta di trovare un equilibrio fra solidarietà e responsabilità individuale.

E sarà garantito questo equilibrio, con una misura del genere?

Sì. Le franchigie – non solo l’ordinaria, anche le opzionali [vanno da 500 a 2’500 franchi, ndr] – mantengono la loro efficacia solo se adeguate all’evoluzione dei premi di cassa malati e ai costi della salute. D’altronde, sempre più assicurati scelgono volontariamente una franchigia opzionale, più elevata. L’errore casomai è stato fatto in passato, quando non si è voluto andare in questa direzione. E così oggi si decide di agire solo sulla franchigia minima, in un sol colpo, con un passo abbastanza importante. Normale che possano esserci resistenze.

La maggioranza borghese del parlamento sostiene che la responsabilità individuale ne uscirà rafforzata. Sarà davvero così?

Studi scientifici dimostrano che, agendo sulla partecipazione ai costi, la responsabilità individuale viene rafforzata, nella misura in cui si riduce un po’ il consumo di prestazioni sanitarie non necessarie. D’altro canto, vi sono studi che confermano come le persone che scelgono una franchigia elevata, in determinate circostanze, non vanno dal medico come e quanto dovrebbero per ragioni finanziarie. E questo alla fine può portare a maggiori costi. Ma c’è un aspetto di cui non si parla in questo dibattito.

Quale?

Nei paesi scandinavi, i pazienti non partecipano direttamente ai costi delle prestazioni che consumano. È lo Stato che finanzia, attraverso le imposte. Lì però sono più cauti per quanto riguarda l’elenco delle prestazioni. Ad esempio: in Danimarca, diversamente da quanto avviene in Svizzera, le iniezioni dimagranti per persone sovrappeso non vengono rimborsate. Qual è la migliore politica sanitaria? Più prestazioni rimborsate al prezzo di una partecipazione ai costi da parte dei cittadini, oppure nessuna partecipazione ai costi ma anche un numero minore di prestazioni rimborsate? Una partecipazione ai costi è più consona a un sistema come quello svizzero, basato sul principio dell’assicurazione. Invece, per un sistema sanitario basato sul finanziamento dello Stato, questa sarebbe un corpo estraneo.

Chi sono le persone che oggi scelgono ancora la franchigia minima?

Le persone più povere e più anziane tendono a scegliere una franchigia bassa. Sono anche quelle che si ammalano più spesso. Le persone più abbienti e meno anziane tendono invece a scegliere franchigie più elevate. E si ammalano anche di meno.

Uno studio realizzato lo scorso anno per conto di Helsana indica che con un aumento della franchigia minima a 500 franchi verrebbero risparmiati 1,2 miliardi di franchi. I premi però scenderebbero di soli 13 franchi al mese. Ne vale la pena?

Sì. Un’assicurazione esiste per coprire danni in genere di una certa entità causati da eventi occasionali. Il fatto che si venga chiamati a pagare un po’ di più di tasca propria per il consumo regolare di ‘piccole’ prestazioni mediche, mi sembra sensato. Questo contribuisce alla consapevolezza dei costi da parte degli assicurati.

Tredici franchi in meno al mese non sono granché. L’aumento della franchigia minima avrà un effetto per lo più simbolico.

La misura è in linea con il nostro sistema. Ripeto: fintanto che ci atterremo al principio assicurativo, anziché optare per un sistema sanitario statale finanziato tramite le imposte, la trovo giusta. Non bisogna però aspettarsi troppo. Un aumento della franchigia minima a 500 franchi – o, più in generale, della partecipazione ai costi da parte degli assicurati – non inciderà in modo significativo sulla tendenza all’aumento dei costi e dei premi. I motori principali di questa crescita sono i progressi della medicina e l’invecchiamento della popolazione. Il primo lo vogliamo tutti, e questo ha il suo prezzo.

Per la sinistra l’aumento della franchigia minima penalizzerà soprattutto malati cronici e anziani, violando il principio di solidarietà su cui poggia la LAMal.

Non sono d’accordo: questa argomentazione non è corretta. Gli anziani e i malati cronici sono beneficiari netti del sistema: consumano molte più prestazioni mediche, per un importo di molto superiore, rispetto a quanto pagano in premi, franchigia, aliquota percentuale [il 10% di partecipazione ai costi oltre l’importo della franchigia, ndr] e contributo ai costi di degenza ospedaliera.

Sta di fatto che malati cronici e anziani non possono fare a meno di andare dal medico: per loro la franchigia minima di 300 franchi è una necessità.

La situazione che ho appena descritto non cambierà nemmeno con un aumento della franchigia minima di 200 franchi. Il principio di solidarietà non è assolutamente in pericolo. A ciò si aggiunge il fatto che le persone vulnerabili meno abbienti ricevono e continueranno a ricevere i sussidi di cassa malati. Con questa misura, la responsabilità individuale degli assicurati verrà quantomeno mantenuta.

C’è chi teme che alla fine a pagare saranno i cantoni, che dovranno sborsare più soldi a titolo di riduzione individuale dei premi.

Non credo che vi saranno grandi cambiamenti per quanto riguarda gli importi che i cantoni versano agli assicurati. Gli assicurati pagheranno in media un po’ di meno per i premi e un po’ di più in termini di partecipazione ai costi. Senza contare che l’aumento della franchigia minima dovrebbe portare anche a una diminuzione – lieve, non significativa – nel consumo di prestazioni mediche.

Secondo vari studi, già oggi il 15-20% degli assicurati rinuncia ad andare dal medico (o ritarda le visite) per ragioni finanziarie. Aumentare la franchigia minima non rischia di rafforzare questo fenomeno?

Conosco questi studi. È vero: non poche persone rinunciano a prestazioni mediche di cui avrebbero bisogno a causa dell’elevata partecipazione ai costi, che non vogliono o non possono sobbarcarsi. D’altro canto, in altri paesi dove questa partecipazione ai costi non esiste, il catalogo delle prestazioni rimborsate è meno generoso del nostro e i tempi d’attesa sono più lunghi. Nel complesso, in termini di accesso alle cure e di qualità delle prestazioni, il sistema sanitario svizzero regge molto bene il confronto. Singoli aspetti, come un aumento moderato della franchigia minima, non vanno considerati in maniera isolata.

SVIZZERA

it-ch

2025-03-21T07:00:00.0000000Z

2025-03-21T07:00:00.0000000Z

https://epaper.laregione.ch/article/281552296647166

Regiopress SA