Nessun divieto per le persone ammesse provvisoriamente
Respinte per un soffio agli Stati due mozioni Udc
Di Stefano Guerra da Palazzo federale
Le persone che fuggono da un Paese in guerra – pur non essendo vittima di una persecuzione individuale, che darebbe diritto all’asilo – vengono di regola ammesse provvisoriamente. Il permesso F è un provvedimento sostitutivo, nel senso che ovvia a un allontanamento dalla Svizzera rivelatosi inammissibile (violazione del diritto internazionale pubblico), non ragionevolmente esigibile (pericolo concreto) o impossibile (motivi tecnici). L’ammissione provvisoria vale per 12 mesi, ma viene regolarmente prorogata fintanto che la situazione nel Paese d’origine non consente il rimpatrio. Siccome molti conflitti armati si protraggono a lungo, i titolari del permesso F (43mila circa) restano per anni, se non per decenni in Svizzera. A determinate condizioni (tre anni di soggiorno, indipendenza economica, padronanza della lingua del luogo di residenza, ecc.), possono inoltrare una domanda di ricongiungimento familiare per il coniuge o i figli. Tra il 2020 e il 2023 ne sono state accettate 108 in media ogni anno.
Per l’Udc questo è da tempo una spina nel fianco. Il Plr di recente si è quasi accodato, manifestando la volontà di ridurre ai minimi termini il ricongiungimento familiare per le persone ammesse provvisoria- mente. L’unità di vedute tra democentristi e liberali radicali ha fatto sì che, con la complicità di buona parte del gruppo del Centro, in settembre il Consiglio nazionale approvasse una mozione Udc per abolire questa possibilità. Al Consiglio degli Stati – dove la disciplina di partito conta relativamente – l’alleanza non ha retto. Mercoledì la Camera dei cantoni ha respinto di misura – 20 a 18 (tra i quali i due ticinesi, Marco Chiesa dell’Udc e Fabio Regazzi del Centro) e 4 astenuti – due identiche mozioni democentriste. A far pendere la bilancia, il voto contrario o l’astensione di gran parte dei ‘senatori’ del Centro, nonché l’astensione di un paio di rappresentanti del Plr.
Tra diritto ed etica
Per Esther Friedli (Udc), autrice di una delle due mozioni, il ricongiungimento familiare è uno dei ‘motori’ dell’immigrazione. L’ammissione è “provvisoria”, trattasi quindi di “una misura sostitutiva a tempo determinato”. Per questo i titolari di un permesso F dovrebbero essere rinviati nel loro Paese “non appena possibile”. Se riescono a portare la loro famiglia in Svizzera, poi diventa “improbabile” che la lascino. E “dopo qualche anno presenteranno una domanda come caso di rigore e rimarranno” nella Confederazione. Eppure “non esiste alcun diritto di vivere con la propria famiglia in un determinato luogo del mondo”, ha affermato la sangallese. Le condizioni del ricongiungimento familiare per i titolari di un permesso F sono già oggi molto restrittive, hanno dichiarato diversi oratori. Le richieste accettate sono 108 all’anno in media e il tasso di rifiuto è elevato, ha fatto notare Stefan Engler (Centro) a nome della commissione. Un divieto generalizzato, oltre a violare la Costituzione federale e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), “avrebbe un impatto minimo sul numero di arrivi in Svizzera”. Inoltre, “colpirebbe in particolare quei profughi che si sono integrati, parlano una delle nostre lingue nazionali e provvedono al reddito della propria famiglia”.
Daniel Fässler (Centro/Ai) ha tentato di convincere il plenum che in fondo si tratta ‘solo’ di mozioni. Per tutta risposta, Mathias Zopfi (Verdi/Gl) gli ha ricordato che una mozione – se approvata – costituisce “un mandato vincolante” per il Consiglio federale, che viene obbligato a elaborare un disegno di legge da sottoporre al Parlamento. Secondo Pierre-Yves
Maillard (Ps/Vd), l’unico effetto sarebbe di mettere in una situazione di insicurezza molte donne e bambini: “Non è perché ogni anno avremo 100 donne o bambini in meno che raggiungeranno il loro marito e padre, che risolveremo i problemi che la signora Friedli solleva quando parla di un’immigrazione eccessiva”. La misura sarebbe “sproporzionata”, ha detto Tiana Angelina Moser (Pvl/Zh), esortando i colleghi a “non perseguire la dissuasione [‘Abschrekung’, ndr] nella politica migratoria, dove è in gioco il nucleo più profondo delle relazioni umane”. L’incarico affidato al Governo dalle mozioni è “chiaro e conciso”, ha affermato Beat Jans (Ps). In questa “assolutezza”, gli atti parlamentari “violano la Costituzione e il diritto internazionale”. I criteri che i titolari di un permesso F devono soddisfare per ottenere il ricongiungimento familiare sono “particolarmente severi”. “L’effetto deterrente esiste già” oggi, e in quest’ambito “siamo più severi della maggior parte dei Paesi che ci circondano”, ha ricordato il consigliere federale esortando gli “stimati padri in questa sala” a respingere gli atti parlamentari.
Non tutti i padri presenti lo hanno fatto (11 donne su 14 invece sì). E uno di loro – Werner Salzmann (Udc) – ha pronunciato queste parole: “È discutibile da un punto di vista umanitario se i padri di regola vengono in Svizzera o in altri Paesi e lasciano la propria famiglia esposta all’insicurezza nel proprio Paese. (...) Io porterei la mia famiglia con me o rimarrei lì”. Non proprio difficile a dirsi per un buon padre di famiglia che abita a Mülchi, nel canton Berna, e non a Kabul o ad Asmara.
SVIZZERA
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2024-12-19T08:00:00.0000000Z
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