Foto intime condivise, le azioni del Cantone
Il Consiglio di Stato risponde a Boscolo (Ps) dopo che il caso del gruppo Facebook ‘Mia moglie’ aveva riacceso il riflettori sul fenomeno
Anche il Ticino non è esente da fenomeni di ‘sextortion’, ovvero sessismo online e violazioni della privacy online che comportano gravi ripercussioni sulle vittime, in particolare tra le più giovani. Anzi, pure nel nostro cantone sempre più spesso vengono condivisi in rete foto e video, anche intimi, senza il consenso dei diretti interessati.
Del fenomeno si era tornati a parlare con insistenza alla fine di agosto, quando le autorità avevano chiuso il gruppo Facebook ‘Mia moglie’ all’interno del quale oltre 200mila iscritti si scambiavano foto rubate di donne. All’interno di questo gruppo, fondato nel 2005, sono state condivise anche immagini di donne ticinesi. Da qui l’interrogazione della deputata socialista Lisa Boscolo, che chiedeva al Consiglio di Stato quali siano le procedure seguite in caso di denuncia e, soprattutto, cosa faccia il Cantone per prevenire questo fenomeno. Già, perché secondo Boscolo “a livello federale sono già attivi servizi e campagne di prevenzione, in altre regioni del Paese vengono fatte delle campagne di sensibilizzazione e azione dalle autorità, mentre nella Svizzera italiana non risulta ancora esserci un’offerta equivalente”. In nove pagine il governo ha quindi risposto alla deputata spiegando tutti quelli che sono gli strumenti messi in campo e le strategie.
Cosa fa la polizia
Partendo dalle basi. L’utilizzo di fotografie senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, ovvero l’autore della foto, e delle persone ritratte costituisce una violazione del diritto svizzero, sia civile che penale. La diffusione non autorizzata di immagini intime è riconosciuta quale reato dal Codice penale svizzero (articolo 179 quater e 197a). “Per difendersi – afferma l’Esecutivo – è consigliabile essere particolarmente prudenti nello scattare e divulgare le proprie immagini. Invero, una volta che le immagini sono pubblicate, le stesse diventano accessibili a terzi, ciò che comporta la perdita del controllo in merito alla loro divulgazione”. Se però dovesse succedere, “è consigliato alle potenziali vittime di raccogliere prove, richiedere la rimozione dei contenuti denigratori e, in caso la situazione non si risolva, rivolgersi alla Polizia cantonale o direttamente al Ministero pubblico per inoltrare una querela”. Si tratta infatti di reati a querela di parte, per i quali non è quindi prevista l’apertura di un’inchiesta d’ufficio.
Attraverso le autorità è anche possibile ottenere la rimozione del proprio materiale pubblicato senza consenso. La polizia provvede infatti a segnalare alle piattaforme i contenuti problematici e a richiederne la cancellazione. “Le piattaforme – ricorda però il governo – non sono tuttavia soggette a un obbligo giuridico di intervento. Nonostante questo, nella prassi si constata comunque una collaborazione generalmente positiva che porta nella maggior parte dei casi alla rimozione dei contenuti evidenziati”.
La prevenzione
Capitolo prevenzione. Il Consiglio di Stato nella sua risposta a Boscolo ricorda le diverse campagne condotte negli ultimi anni a livello nazionale e coordinate anche dal Cantone. “La sensibilizzazione dei giovani è un tema delicato che richiede particolare attenzione non solo per i contenuti proposti, ma anche per le reazioni dei partecipanti durante i momenti di sensibilizzazione”. Insomma, il tema è complesso e per intervenire bisogna farlo nel modo giusto. Parlando di azioni concrete: “Il Gruppo visione giovani della Polizia cantonale, che si occupa della prevenzione primaria, secondaria e terziaria all’interno di istituti scolastici, dalla quinta elementare fino alle scuole professionali e superiori, viene regolarmente sollecitato con richieste di aiuto da parte di direzioni di istituti scolastici, servizi del Dipartimento educazione, cultura e sport o anche da genitori. Ogni anno – si legge sempre nella risposta – vengono quindi svolti dagli agenti interventi di prevenzione nelle scuole, colloqui di conciliazione con i minori ed eventualmente le famiglie”. Ovvero degli incontri per accompagnare il giovane autore in un percorso di comprensione delle proprie azioni e delle loro conseguenze.
Diversi progetti
Passando a esempi concreti, sono diversi i progetti attualmente attivi nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi sui rischi che la diffusione di immagini intime può comportare. Tra quelli citati nella risposta all’atto parlamentare troviamo: “Per un pungo di like”, un teatro forum costruito con la Compagnia Uht e rivolto alle scuole medie, che in modo interattivo e partecipativo affronta il tema della condivisione di immagini intime, della pressione sociale online, del cyberbullismo e della responsabilità individuale. “Il format – viene spiegato – permette agli allievi di intervenire nella scena e di proporre soluzioni alternative, stimolando un processo di riflessione collettiva sull’uso dei social media e sulle conseguenze delle proprie azioni nello spazio digitale”.
Nelle scuole superiori e in quelle professionali, in collaborazione con l’associazione Radix, è invece proposto “Batticuore - amicizia, amore e sessualità senza violenza”, un programma di prevenzione della violenza nelle relazioni e di promozione delle competenze per la vita rivolto alle giovani generazioni. “Attraverso discussioni e scambi basati su giochi di ruolo e la riflessione su diversi scenari originali che rappresentano degli spaccati di relazioni di coppia”.
CANTONE
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2025-12-27T08:00:00.0000000Z
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