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Non accelera l’‘Atto sull’accelerazione’

Compromesso in vista sulle misure di compensazione, sul diritto di ricorso ancora no. I ‘senatori’ fanno solo un passetto verso il Consiglio nazionale

Di Stefano Guerra da Palazzo federale

“Mantenere o, soprattutto, aumentare l’accettabilità del progetto”. Così Heidi Z’graggen ieri mattina, durante le tre ore di dibattito al Consiglio degli Stati su una controversa modifica della Legge sull’energia (vedi box), ha motivato il senso della sua proposta individuale che dovrebbe aver sciolto (il condizionale è d’obbligo: il Nazionale deve ancora dire la sua) uno dei due principali nodi del cosiddetto ‘Atto sull’accelerazione’: quello relativo alle misure di sostituzione e di compensazione da attuare per proteggere la biodiversità e il paesaggio dall’impatto dei 16 grandi progetti idroelettrici (tra cui quello della diga del Sambuco in Valle Verzasca) approvati dal popolo lo scorso anno. Il suo “compromesso” ha ottenuto una maggioranza risicata (23 voti a 20 e un’astensione). Permette comunque ai due rami del Parlamento di avvicinarsi su un aspetto politicamente molto delicato. “Tutto ha un limite: certo, abbiamo bisogno di elettricità; ma nel nostro Paese abbiamo bisogno anche della natura e del paesaggio”, ha detto a ‘laRegione’ al termine del dibattito la ‘senatrice’ urana del Centro.

Entrambe le Camere vogliono rendere più flessibili queste misure. L’obiettivo: fare in modo che la loro attuazione non ritardi o addirittura blocchi i 16 progetti idroelettrici. Grazie ai voti della sinistra, dell’Udc e di parte del Centro, il Consiglio degli Stati adesso ha deciso che – qualora, “per motivi oggettivi”, non sia possibile definire una misura di compensazione in sede di rilascio della licenza edilizia – i Cantoni possono obbligare i progettisti a versare una garanzia monetaria. Il Plr e la maggioranza del Centro volevano estendere questa possibilità anche alle misure di sostituzione. Ma la loro linea – difesa in particolare dal relatore commissionale Beat Rieder (Centro/Vs) e dai suoi colleghi di partito Benedikt Würth (Sg) e Stefan Engler (Gr) – non è passata. Anche in futuro, dunque, queste ultime dovranno essere effettivamente realizzate, e non attraverso una cauzione.

Strumenti diversi, approccio diverso

A perorare questa differenziazione è stata in particolare Heidi Z’graggen. La ex consigliera di Stato urana la spiega così al nostro giornale: “Le misure di sostituzione sono strumenti conosciuti e di provata efficacia. Per rafforzare l’accettabilità di questi grandi progetti infrastrutturali, è importante che le misure sostitutive restino parte integrante del progetto e vengano effettivamente realizzate. I progettisti devono mostrare sin dall’inizio quali misure di sostituzione intendono mettere in campo, e dove”. Per contro, le misure di compensazione – che vanno oltre le misure sostitutive sancite dalla legge e creano un valore aggiunto ecologico o paesaggistico – sono “un nuovo strumento, applicabile solo ai 16 progetti idroelettrici in questione: non è chiaro di quali misure si tratti, né dove andranno realizzate. Non essendo direttamente abbinate al progetto, devono poter essere temporaneamente ‘trasformate’ – a determinate, chiare condizioni – in una sorta di garanzia di sicurezza”. Funziona così: i progettisti versano i soldi ai Cantoni; e qualora non riescano ad attuare le misure prima dell’entrata in esercizio dell’impianto, il Cantone li utilizza a tal fine. L’altro pomo della discordia riguarda il diritto di ricorso delle organizzazioni ambientaliste. Ieri il Consiglio degli Stati (con 25 voti a 18) non ha deviato dalla sua linea: questa possibilità va abolita nel caso dei 16 progetti idroelettrici in questione. Il Nazionale invece vorrebbe soltanto limitarla: ammessi sarebbero solo i ricorsi presentati congiuntamente da tre organizzazioni.

Beat Rieder ha ribadito l’urgenza di realizzare queste opere che hanno ottenuto l’avallo popolare. Il vallesano ha messo in guardia i colleghi dal costruire una “legge placebo”, senza mordente. Maya Graf (Verdi) si è espressa a favore del compromesso del Nazionale, “ampiamente sostenuto”, persino dal settore energetico e dalle stesse organizzazioni ambientaliste. Una via di mezzo – ha aggiunto la basilese – che rafforza la capacità di questa proposta di legge di ottenere una maggioranza, ciò che è urgentemente necessario. Maya Graf ha poi ricordato la promessa fatta dal Consiglio federale solo un anno fa, prima della votazione sulla legge sull’elettricità: “Le possibilità di ricorso per i privati e le associazioni rimangono in vigore”.

‘Ardente’ appello di Rösti

Anche Albert Rösti (Udc) si è speso per avvicinare le due Camere. Il ‘ministro’ dell’Energia ha lanciato un “ardente” (nelle sue parole) appello affinché non si metta a repentaglio la modifica di legge. “Abbiamo urgentemente bisogno di questa espansione [gli almeno due terawattora di energia supplementari in inverno che i 16 progetti idroelettrici dovrebbero garantire, ndr]!”, ha esclamato. Il bernese ha evocato i tre progetti idroelettrici “decisivi” (Grimsel, Trift, Gorner), lasciando chiaramente intendere che se non li si potrà portare avanti – perché un ‘Atto sull’accelerazione’ troppo ‘cattivo’ capotterà alle votazioni finali o in una eventuale votazione popolare – non resterà altra scelta che costruire nuove centrali nucleari. “Sono dell’idea che queste possano essere evitate – ma naturalmente sarà il popolo a decidere in merito – solo se non ci limitiamo a parlare di energie rinnovabili, ma forniamo nel prossimo futuro anche la prova che queste saranno realizzate”.

Il Consiglio degli Stati si è allineato al Nazionale su un altro aspetto: la remunerazione pagata dal gestore di rete per il ritiro dell’elettricità generata da fonti rinnovabili. Questa dovrebbe essere fissata al prezzo di mercato corrente. Per gli impianti con una capacità inferiore a 150 kW dovrebbe continuare a essere fissata una remunerazione minima.

A causa delle rimanenti divergenze, il progetto torna giovedì prossimo al Consiglio nazionale, per la terza (e ultima) volta. L’obiettivo resta quello di concludere l’iter parlamentare ancora nella sessione estiva in corso. Heidi Z’graggen è fiduciosa: “Siamo sulla buona strada: parto dal principio che arriveremo a una soluzione”. “Non ci guadagniamo niente se alla fine il progetto cade, o se i tempi si allungano e il dibattito si complica a causa di un referendum”, dice la consigliera agli Stati urana. Se ci sarà una coda referendaria, lo sapremo al più presto tra due settimane.

SVIZZERA

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2025-06-06T07:00:00.0000000Z

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