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‘I tagli draconiani di Berna tolgono milioni alla Supsi’

Le misure di risparmio proposte dal Consiglio federale farebbero mancare all’istituto otto milioni l’anno. Merlini: ‘Aumentare le rette non è la soluzione’

di Giacomo Agosta

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La Supsi cresce. La Supsi si allarga sul territorio. La Supsi è preoccupata per i risparmi della Confederazione. Misure, queste ultime, che potrebbero trasformarsi per la Scuola universitaria e professionale della Svizzera italiana in «tagli draconiani», come li ha definiti il presidente del consiglio Supsi Giovanni Merlini facendo il punto sui risultati raggiunti dall’Istituto e presentando la Strategia 2025-28 dell’Istituto incentrata su ‘concretezza, territorialità e scambio tra discipline’. Un programma d’azione che, giocoforza, dipenderà anche da quante delle misure di risparmio proposte dal Consiglio federale verranno poi davvero applicate. «Se dovessero entrare in vigore in toto alla Supsi verrebbero a mancare otto milioni di franchi. Otto milioni di franchi ogni anno». Non ci gira intorno Merlini: «Questo significherebbe rimettere in discussione i risultati raggiunti negli ultimi vent’anni dalla Supsi. È un aspetto che mi preoccupa, perché raggiungere certi traguardi è stato un percorso lungo e faticoso. Cercheremo di attenuare questo colpo mettendo subito in pratica delle misure – assicura il presidente del consiglio Supsi –. Siamo però preoccupati che, senza i necessari interventi, si arrivi a una Svizzera a due velocità. Da una parte i Cantoni che non hanno problemi finanziari e dall’altra chi annaspa. Si andrebbe ancora di più a mettere sotto pressione il nostro federalismo, alimentando una dannosa lotta per le risorse». Anche perché, «con le misure proposte i Cantoni sarebbero implicitamente chiamati a sopperire all’eventuale disimpegno della Confederazione».

Le misure di Berna

Disimpegno che si traduce in un taglio articolato in diverse misure: la riduzione del 10 per cento dei contributi federali di base (60 milioni l’anno per le Scuole universitarie professionali), il taglio ai contributi alla mobilità (7 milioni), l’azzeramento dei sussidi vincolati a progetti «che avrebbe un impatto devastante. 32 milioni l’anno», sottolinea Merlini, e la riduzione del 10 per cento dei contributi federali a Innosuisse e al Fondo nazionale per la ricerca scientifica (182 milioni in totale ogni anno). «La palla è ora nel campo della politica, chiamata a fare scelte. In questa fase è necessario tessere alleanze a livello intercantonale, trovare un ampio fronte comune così da far valere le nostre ragioni a Berna. Resto fiducioso – sottolinea Merlini – anche perché sono diversi i Cantoni che si trovano nella nostra stessa situazione. Capisco la necessità di razionalizzare la spesa pubblica, ma la politica è fatta di scelte e priorità. Non tutti i settori hanno la stessa importanza e la stessa rilevanza strategica».

‘Riversare i costi sugli studenti crea disparità, soprattutto qui’

Insieme alla proposta di riduzioni di contributi è arrivato anche il suggerimento ad alzare le tasse d’iscrizione. «Matematicamente è un’operazione che funziona. Togli alcuni milioni e li fai pagare agli studenti», dichiara il direttore generale Supsi Franco Gervasoni. «Nella pratica però la situazione è un po’ diversa. Già oggi siamo confrontati con non pochi studenti che fanno fatica a pagare la tassa e chiedono di pagarla a rate. Ci sono studi che dimostrano come in Svizzera i tre quarti degli studenti lavorano per contribuire a pagare la propria formazione. Pensare di far passare i costi dall’ente pubblico ai singoli allievi nasconde diverse insidie». Continua Gervasoni: «Come Scuola universitaria professionale abbiamo una popolazione studentesca che generalmente non è ‘figlia di accademici’. È un aspetto sicuramente positivo, perché si allarga il numero di famiglie con un’istruzione accademica, ma che potrebbe farsi sentire qualora si alzassero le tasse. Il rischio è di arrivare a una formazione dove, oltre al talento e alla motivazione, incide la possibilità di sostenere le spese». Aggiunge Merlini: «Se si dovesse andare avanti su questa strada ci sarebbe una certa privatizzazione del sistema formativo, il che non ha solo vantaggi ma anche controindicazioni. La Svizzera si è sempre distinta per il suo grande impegno nell’istruzione pubblica». Meno soldi, meno possibilità di offrire servizi al territorio e alla comunità. Un aspetto a cui la Supsi tiene particolarmente. «Il nostro approccio verso il territorio in ogni caso non cambierà – premette Gervasoni –. È però fattuale che, a fronte di richieste e impegni in crescita quasi esponenziale, negli ultimi anni abbiamo visto una stabilizzazione dei contributi e ora si parla addirittura di una diminuzione. Il mio auspicio è che anche le aziende e le realtà con cui collaboriamo reagiscano a questa situazione». Se le misure dovessero essere applicate in modo integrale «sarà nell’ordine delle decine il numero di progetti che ogni anno non potremo più seguire. Ci stiamo però attivando per trovare delle soluzioni alternative, ma non è facile. Contributi pubblici e contributi privati vanno di pari passo e spesso il sostegno statale fa da molla per quello privato».

Notizie positive arrivano invece da Bellinzona. «Il Consiglio di Stato ha recepito la nostra Strategia nell’allestire il messaggio di politica universitaria per il quadriennio 2025-28. Siamo fiduciosi in vista del dibattito in Gran Consiglio», dichiara Merlini. Proprio ieri la commissione parlamentare ‘Formazione e cultura’ del Gran Consiglio ha sottoscritto all’unanimità il rapporto dei deputati Maurizio Canetta (Ps) e Diana Tenconi all’interno del quale si chiede, tra le altre cose, “che il Consiglio di Stato stringa alleanze con gli altri cantoni universitari e con i Cantoni dalle finanze fragili (che sarebbero più penalizzati dai tagli, che dovrebbero compensare) per contrastare queste misure nell’ambito universitario”.

Immatricolazioni e ricavi in crescita

Guardando alle cifre raggiunte sinora la Supsi ha però di che sorridere. Oltre a ricavi di quasi 150 milioni di franchi, lo scorso anno accademico erano 6’200 gli studenti che seguivano una formazione di base. Quattro anni fa non raggiungevano i 5’400. In aumento pure il numero di collaboratori, arrivati a oltre 1’200. «Non è una crescita fine a sé stessa, ma che risponde ai bisogni e alle necessità», precisa Merlini. Durante l’incontro con la stampa è anche stata ricordata la strategia logistica per i prossimi anni, in particolare per quanto riguarda la Città della musica a Besso, il Quartiere Officine a Bellinzona, il campus Stazione a Lugano e quello a Mendrisio. «Restiamo fiduciosi che questi progetti continueranno ad avanzare», sottolinea Merlini. Guardando al lavoro fatto da Supsi, il direttore generale Gervasoni si è soffermato sullo sviluppo della robotica collaborativa e sull’aumento del numero di diplomati nel settore delle cure. «Sul fronte della formazione c’è un grande impegno. Bisogna poi essere anche in grado di mantenere i diplomati attivi in questa professione».

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2024-10-22T07:00:00.0000000Z

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