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Il Consiglio di Stato tira dritto e conferma le nomine

Nomine annullate dal Tram, Carobbio (Decs): ‘Requisiti rispettati’. E annuncia un’analisi interna ‘per migliorare efficacia, qualità e trasparenza’

di Vittoria De Feo e Andrea Manna

Il governo ha deciso di assegnare a Pini e Mallè la direzione della Sezione insegnamento medio superiore, nonostante l’annullamento del Tram: ‘Requisiti rispettati’. Ulteriore ricorso in vista.

Insegnamento medio superiore, il Consiglio di Stato resta sui propri passi e conferma le nomine di Mattia Pini e Désirée Mallè alla direzione congiunta della Sezione dell’insegnamento medio superiore (Sims) in seno al Decs, il Dipartimento educazione cultura e sport. È quanto emerso dalle risposte alle interpellanze sulle nomine annullate dal Tribunale amministrativo cantonale (Tram) fornite dalla direttrice del Decs Marina Carobbio. «Dopo una nuova verifica dei requisiti e delle competenze dei candidati selezionati – ha infatti spiegato la consigliera di Stato –, il governo ha confermato l’idoneità degli attuali capisezione Sims a ricoprire la funzione». Con una nuova risoluzione governativa approvata ieri «il Consiglio di Stato ha dunque deciso di nominare Mallè e Pini nel ruolo dei capisezione della Sims in job sharing», sancisce Carobbio.

Ad aver impugnato la prima decisione del Consiglio di Stato, lo ricordiamo, era stato uno dei candidati scartati. Patrocinato dall’avvocato Gianluca Padlina, contestava la scelta dei due candidati con riferimento ai requisiti stabiliti nel bando di concorso e la presunta violazione di aspetti procedurali e di diritti costituzionali, come per esempio il diritto di essere sentito (del ricorrente) e quello di accesso integrale agli atti. Nonostante la sentenza del Tram, il governo non ha però ritenuto di annullare definitivamente la nomina e predisporre un nuovo concorso. «L’autorità di nomina – illustra però Carobbio – ha preso una nuova decisione previa verifica dell’idoneità dei due candidati prescelti, dimostrata anche singolarmente, con particolare attenzione all’ambito gestionale, giungendo alla conclusione di riconfermare la propria nomina». A questo punto che cosa intende fare la persona, patrocinata da Padlina, che si era vista accogliere il ricorso dal Tram? Impugnerà la nuova decisione del Consiglio di Stato, in tal caso appellandosi ancora al Tribunale cantonale amministrativo? Insomma, andrà avanti? «È presto per dirlo. Ma è probabile», dice, interpellata da ‘laRegione’, la persona interessata. Altro per ora non aggiunge. Aggiunge invece alcune considerazioni il suo legale, che è pure deputato (Centro) al Gran Consiglio. «Sono rimasto oltremodo sorpreso – sostiene Gianluca Padlina, da noi contattato – dai contenuti delle risposte fornite dalla consigliera di Stato alle due interpellanze. A questo punto attendiamo di leggere le motivazioni della decisione con cui il governo ha confermato le nomine. Conoscendo però – aggiunge Padlina – gli atti che hanno portato il Tribunale cantonale amministrativo al pronunciamento di febbraio, difficilmente, ritengo, vi saranno elementi che ci faranno accettare quanto stabilito dal governo e oggetto della comunicazione di Carobbio».

‘Scorretto scagliare pietre’

Prima di entrare nel merito delle risposte, Carobbio ha voluto fare alcune precisazioni. A dare il La all’intervento, la vicenda dei tredici aspiranti docenti di italiano nel medio superiore a cui è stato comunicato che, nonostante l’abilitazione, non verrà assegnata nessuna ora di insegnamento. «Da quando ho assunto la direzione del Dipartimento – rileva Carobbio –, ho adottato un approccio basato sull’ascolto attivo, coinvolgendo molte persone e istituzioni che interagiscono con il Decs». Un approccio, ammette, che «richiede tempo e non è infallibile». Non solo. «Chiunque venga attaccato personalmente ha la mia solidarietà dal punto di vista umano. Scagliare pietre contro funzionari dello Stato, dai capisezione Sims, al capodivisione, contro persone che non possono difendersi è troppo facile ed è scorretto», rimprovera la consigliera di Stato. Il riferimento è agli atti parlamentari inoltrati in questi giorni, in particolare a quello del Plr che boccia l’operato del direttore della Divisione della scuola Emanuele Berger. «Sono persuasa – riprende – che quelle pietre vadano usate diversamente per costruire qualcosa tutti assieme e concentrare l’attenzione sulle sfide da affrontare che toccano la scuola». Da qui, «alla luce di criticità emerse nelle ultime settimane, come le stime sul fabbisogno di docenti, ho deciso di procedere a un’analisi di alcuni aspetti strutturali e di alcuni processi interni al Dipartimento per migliorare efficacia, qualità e trasparenza». E avverte: «Beninteso, qualora l’analisi dovesse evidenziare responsabilità, anche queste verranno affrontate con la dovuta serietà».

ABILITAZIONE

Un sistema ‘con evidenti storture’ che interroga

Dai banchi del parlamento, a quelli del Dipartimento formazione apprendimento (Dfa). “Allo stato attuale delle cose, il percorso di abilitazione, che dovrebbe da un lato orientare i giovani docenti e dall’altro garantirne la qualità, risulta un disservizio, perché indebolisce l’istituzione scolastica e la figura dell’insegnante, entrambe già in crisi”. È una presa di posizione senza mezzi termini quella firmata da nove docenti che stanno seguendo al Dfa i tredici candidati all’abilitazione in italiano nella loro pratica professionale.

‘Una via crucis e una lotteria’

Il percorso per diventare docente nel settore medio superiore, rilevano nella dura presa di posizione, “è diventato, come scrive Fabio Camponovo, che si è occupato per anni della formazione degli insegnanti tenendo corsi sia all’Università di Friburgo sia al Dfa, ‘una via crucis e una lotteria’”. E in tal senso illustrano: “Bisogna aspettare l’anno di abilitazione per la propria materia (ogni 4-5 anni circa), sperare quindi di essere ammessi e augurarsi infine che si apra il concorso cantonale di assunzione”. Non solo. L’abilitazione è una formazione post-universitaria, ragione per cui, si sottolinea nella presa di posizione, “va considerato che si chiede a dei professionisti di interrompere le loro carriere lavorative e di svolgere un anno di formazione senza stipendio e senza la certezza dell’assunzione”. Insomma, viene rimarcato, “un sistema ibrido, non libero, come accade invece in altre scuole pedagogiche svizzere, e non realmente professionalizzante, è a nostro parere indifendibile: promuovendo tale pratica il Dfa sembrerebbe infatti dimostrarsi più attento al proprio interesse che a quello della scuola”. Emblematica, sostengono quindi i nove docenti di pratica professionale, la vicenda dei tredici abilitandi che sta facendo discutere da settimane, formati “a fronte di un bisogno pressoché nullo delle scuole ticinesi. Ne consegue che a questi ultimi si prospettano anni di precariato prima di poter essere assorbiti nel sistema scolastico”. Da qui la stoccata al Decs che, sostengono i nove docenti nella presa di posizione, dovrebbe “interrogarsi sulla bontà di un sistema che manifesta, da anni, evidenti storture e che rende oltremodo complesso e aleatorio l’accesso dei nuovi insegnanti alla professione”.

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