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Gysin: ‘Ffs Cargo, ecco perché Transfair esce dal comitato’

La presidente Greta Gysin: ‘Dobbiamo salvaguardare la nostra credibilità come partner sociali nelle trattative. E sono anche state dette cose non vere’

Di Jacopo Scarinci

La presidente spiega il dietrofront del suo sindacato: ‘Ne va della nostra credibilità. Intervenire così su temi sindacali indebolisce tutti. E sono state dette anche cose non vere’.

Transfair esce dal comitato ‘No allo smantellamento di Ffs Cargo in Ticino’. A spiegarlo a colloquio con ‘laRegione’ è la presidente del sindacato, Greta Gysin, spiegando che «è una decisione maturata nell’arco di diverse settimane e che abbiamo cercato di evitare. Ma è diventata la sola via percorribile per tutelare la credibilità del nostro lavoro nel partenariato sociale con le Ffs. Continueremo comunque a sostenere lo scopo originario del comitato: mantenere alta l’attenzione politica sulla situazione di Cargo, difendere i posti di lavoro e l’importanza del trasferimento merci su ferrovia».

Quali ragioni vi hanno spinto a prendere questa decisione? Lei è stata un volto molto presente nelle trattative e anche pubblicamente.

Vero, come Transfair, e anch’io nel mio ruolo di presidente come in quello di Consigliera nazionale, seguiamo la riorganizzazione di Ffs Cargo da ormai due anni. Continueremo evidentemente a farlo, per difendere gli interessi del personale. La ragione principale che ci costringe a lasciare il comitato è la necessità di mantenere una distinzione chiara tra il lavoro politico del comitato e il lavoro sindacale nel partenariato sociale con le Ffs. Nel partenariato negoziamo misure delicate e decisive per il personale e se i due ruoli si sovrappongono rischiamo di compromettere la nostra credibilità negoziale. Questo andrebbe a detrimento delle lavoratrici e dei lavoratori.

Ma di quali difficoltà parla all’interno del comitato in Ticino?

L’intenzione originaria e condivisa del comitato era di agire sul piano politico, fornendo un accompagnamento politico al lavoro del partenariato sociale, svolto dai sindacati. Nonostante vari richiami e tentativi di ribadire questa distinzione, in diverse occasioni il comitato ha affrontato temi tipicamente sindacali o relativi alle trattative, anche nei confronti delle Ffs stesse. Sono inoltre circolate affermazioni che non corrispondono ai fatti, ad esempio che in Ticino le Ffs stiano assumendo personale frontaliero a basso costo, o che obbligano il personale a trasferirsi oltre Gottardo. Questo non solo crea insicurezza nel personale in un momento già delicato, ma rende il nostro lavoro negoziale ancora più complesso. Per tutelare l’efficacia di questo lavoro, che ha permesso tra l’altro di evitare licenziamenti in Ticino, è necessario ristabilire ruoli distinti.

Davvero era impossibile ricucire?

Abbiamo tentato più volte di ricomporre la situazione e di spiegare perché questa distinzione di ruoli sia essenziale. Internamente c’è stata comprensione, ma non sufficiente per evitare che le dinamiche si ripetessero poi pubblicamente. Dobbiamo quindi prendere atto che il rischio per la credibilità del nostro lavoro sindacale diventava troppo grande. All’interno del comitato la nostra decisione non può certo essere una sorpresa, perché ne abbiamo discusso molto apertamente.

Lei dice “alcuni membri del comitato”, ma unendo i puntini compare il volto di Matteo Pronzini.

Preferisco non farne una questione di persone, ma di modalità di lavoro del comitato e di rispetto dei ruoli. Alla fine, ognuno deve comunque assumersi le proprie responsabilità.

Come continuerà adesso il vostro impegno? E cosa avrebbe potuto fare meglio il comitato da cui state uscendo?

Continueremo a occuparci del personale, in modo serio e costruttivo, nelle sedi dove le decisioni si prendono realmente. Il comitato potrebbe giocare un ruolo importante se si concentrasse su ciò che può influenzare: la dimensione politica, le condizioni quadro, le decisioni del Consiglio federale e del Parlamento. Intervenire in temi di partenariato sociale rischia invece di creare confusione e indebolire tutti gli attori in campo.

Fondamentalmente state cercando di far capire che esiste anche un altro modo di far sindacato? Meno urlato ma più costruttivo?

Per noi fare sindacato significa essere presenti dove si negozia e portare a casa risultati concreti. Lavoriamo molto, spesso lontano dai riflettori, per costruire soluzioni che proteggano il personale, considerate anche le condizioni quadro, che sono dettate dalle leggi e dalle maggioranze politiche, che non sempre ci aiutano. Non è questione di “urlare” o “non urlare”: è questione di efficacia. In Ticino la preoccupazione è forte e comprensibile, ma proprio per questo serve un approccio rigoroso, che distingua la protesta politica dalle trattative operative. È grazie a questo approccio che nel nostro cantone non ci sono stati licenziamenti, e che abbiamo potuto trovare buone soluzioni anche sul piano individuale per le persone colpite.

Guardando al quadro generale, qual è oggi la reale posta in gioco?

La situazione di Ffs Cargo è complessa: opera in un mercato liberalizzato e ogni anno registra perdite strutturali nell’ordine di decine di milioni di franchi, che ricadono sulle spalle della collettività. Questo modello richiede correzioni e interventi strutturali, sia sui prezzi dei servizi offerti, che oggi non coprono i costi, sia sul modello di produzione, che oggi risulta inefficiente. L’obiettivo ultimo deve essere un sistema funzionale ed efficiente, una vera alternativa al trasporto su strada, che porti a un aumento della quota di merci trasportate su ferrovia. Nessuno ha piacere a tagliare posti di lavoro, e come partner sociali lavoriamo evidentemente dove e come possibile proprio per evitarlo. Ma ignorare i problemi oggi significherebbe ritrovarsi domani con una situazione molto più grave: senza riorganizzazione, Ffs Cargo rischia nel medio termine di sparire completamente, con la conseguente perdita di tutti i posti di lavoro, 220 solo nel nostro cantone, e lo spostamento di tutte le merci sulla strada. Questo non è nell’interesse di nessuno, soprattutto non in Ticino.

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2025-11-27T08:00:00.0000000Z

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