laRegione

‘Prima di accusare si guardino i numeri’

Spitex privati, Lavagetti (Asps) dopo la mozione del Plr: ‘Riceviamo molto meno dei Sacd pubblici, e non si tocchi la libertà di scelta del fornitore di prestazioni’

Di Jacopo Scarinci

«Adesso basta, prima di lanciare certe accuse si verifichino i numeri e si sfatino dei falsi miti che non hanno alcun fondamento ma colpiscono delle aziende private fondamentali per la presa a carico degli anziani». È andata su tutte le furie la delegata per il Ticino dell’Associazione svizzera degli Spitex privati quando, leggendo l’edizione di martedì de ‘laRegione’, ha preso atto della mozione con cui il Plr e alcuni esponenti di Lega e Udc chiedono un cambio di rotta totale da parte del governo sul rafforzamento del controllo nel settore dell’assistenza e cure a domicilio, puntando l’indice contro gli spitex privati.

Paola Lavagetti ‘Tanta retorica e tanto pregiudizio’

E Lavagetti non ci sta. A partire dalla questione dei costi. «Facciamo troppe prestazioni? Rubiamo? Ma basta con ’sta storia – esclama –, guardiamo i numeri. Gli ultimi dati consolidati che abbiamo sono quelli del 2023, quando il Cantone ha erogato 56 milioni di franchi di finanziamenti. Circa 36 ai Sacd di interesse pubblico, circa 12 agli spitex privati e 7 agli infermieri privati. Su un totale di 1,7 milioni di ore erogate, i Sacd sono a 724mila per 36 milioni; noi 703mila ore, per 12 milioni. Il calcolo è semplice: i Sacd pubblici per ogni ora Lamal erogata ricevono come finanziamento residuo 61,65 franchi. Noi 17,15. Scusate, di cosa stiamo parlando?». E sui costi, insiste Lavagetti, «c’è tanta retorica e tanto pregiudizio». Nel senso che «esistono casi complessi, che richiedono più impegno e più ore. Certo, ci sono stati pochissimi casi eclatanti su cui noi per primi siamo intervenuti, ma con questi pregiudizi si fa di tutta l’erba un fascio e si scredita la qualità che la stragrande maggioranza dei servizi offre. La reputazione che ci siamo costruiti in anni di buon lavoro non può esserci tolta dicendo un tanto al chilo che fatturiamo troppo. E finalmente sfatiamo questo mito che costiamo di più: a parità di ore erogate prendiamo un terzo dei Sacd pubblici, costiamo un terzo ai Comuni che tanto si lamentano. Potrebbero lavorare di più con noi, se proprio volessero risparmiare...». La delegata per il Ticino dell’Asps è un fiume in piena. Anche per quanto riguarda la libertà di scelta del fornitore di prestazioni «che non può assolutamente essere tolta. Una persona ha il sacrosanto diritto di scegliere dove rivolgersi, e quel servizio fa la sua valutazione e la prende a carico. Non può essere una persona o un ente esterno a decidere di quante ore il paziente può usufruire, non funziona, non è libertà di scelta. Tutto questo è sancito nella Lamal, che non può essere prevaricata. Quale sarà il prossimo passo? Incaricare l’Ente ospedaliero cantonale di controllare quanto fanno le cliniche private? È la Romania di Ceausescu?».

‘Impossibile standardizzare le ore’

Il discorso è chiarissimo. «Abbiamo un mandato di utilità pubblica – riprende Lavagetti –, e anche noi dobbiamo rispondere ai bisogni. Se vogliamo rimanere nel mercato, dobbiamo poter accettare qualsiasi caso ci venga assegnato instaurando collaborazioni nel territorio e quando ci arriva un utente non possiamo dire di no». Di più. «Molto spesso diversi utenti escono dai Sacd pubblici e vengono da noi perché i pubblici non hanno il tempo sufficiente per gestire al meglio le assistenze complesse, che necessitano di tempo». Di conseguenza, «come pensano di razionalizzare le cure? Ci sono prese a carico complicate da gestire, c’è un lavoro di cura quotidiano da portare avanti, se si vuole investire nella qualità come si può razionalizzare e, peggio, standardizzare le ore? È impossibile». Per Lavagetti, in più, «si verrebbe a creare un mostro burocratico che genererebbe ulteriori costi e rischi di riospedalizzazioni con, appunto, costi in aumento».

Secondo la delegata dell’Asps «sarebbe una statalizzazione che genererebbe una giungla di carta, altroché snellire e risparmiare. Noi siamo società, che devono far quadrare i conti in un libero mercato. Chiaramente il mercato sanitario è limitato e va benissimo, ma non si può controllare la libertà d’azione di un’azienda». Nella legge, riprende Lavagetti, «è nero su bianco che il Cantone è chiamato a coordinare la rete. Ma un conto è coordinare, un altro gestire e controllare. Coordinare vuol dire mantenere dei ruoli determinati che noi riconosciamo, ma il controllo dall’alto fa morire la libera imprenditoria. Non si parlerebbe nemmeno di concorrenza sleale, ma direttamente di monopolio».

Ciò detto, l’impressione che aleggia è una: «Ci si sta accanendo sulle cure a domicilio, ma è un ambito che incide per il 4 per cento della spesa totale».

CANTONE

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2025-12-11T08:00:00.0000000Z

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