laRegione

La complicata riedizione del Front Républicain

Divergenze tra chi potrebbe fare muro all’estrema destra

Atmosfera surreale nei palazzi parigini il lunedì dopo il big bang della politica francese. Marine Le Pen “ha parcheggiato” fuori dal portone del potere, come scrive un editorialista, e aspetta con pazienza. Dentro, la febbrile attività di chi cerca di evitare il tracollo al secondo turno di domenica prossima. Ma il re spodestato, Emmanuel Macron, secondo chi gli sta vicino è già proiettato al dopo, alla coabitazione con Jordan Bardella: uno scenario che soltanto 20 giorni fa sapeva di fantapolitica e che è stato reso possibile solo dall’harakiri dello stesso presidente.

In un colpo solo, quello che veniva definito Iupiter, novello Napoleone, padrone del tempo, ha perso tutto: la maggioranza (deputati dimezzati), il governo, la solidità del partito, lo zoccolo elettorale. Cerca di salvare il salvabile, freneticamente, come ha fatto nominando senza indugi il commissario europeo Thierry Breton, conscio che fra qualche giorno gli sarebbe stato impedito. Ma non accennano a placarsi le critiche nei suoi confronti. Macron è diventato, in men che non si dica, il presidente più solo della Quinta Repubblica francese, accusato di aver fatto arrivare l’estrema destra alle porte del potere all’indomani del trionfo del Rassemblement National (Rn) nel primo turno delle elezioni politiche anticipate. Tanti errori in serie, quelli attribuiti al 47enne presidente, la cui scelta di sciogliere l’Assemblée Nationale dopo il flop del suo campo nelle elezioni Ue del 9 giugno risulta – col senno di poi, ma non solo – più che mai incomprensibile se non folle.

Tra Macron e la coabitazione con Jordan Bardella al governo – ‘Le Monde’ evoca persino l’immagine dei due seduti accanto il 14 luglio per la Festa nazionale – restano soltanto le barricate erette dal Nuovo fronte popolare (Nfp). La coalizione della gauche dovrebbe essere parte del Front Républicain, lo schieramento anti ultradestra che ha funzionato per decenni nella Quinta Repubblica. E invece, al grido di Jean-Luc Mélenchon, «non un voto al Rassemblement National, ritiriamo sempre e ovunque i candidati arrivati al terzo posto», lo spirito del Front Populaire vive soltanto nello slancio della gauche.

A destra, fra i Républicains orfani del presidente Eric Ciotti andato a vincere con Le Pen, di fare fronte contro l’Rn non se ne parla neppure. Nel campo di Ensemble, ovvero della maggioranza di governo già diventata minoranza, si fa una fatica terribile a pronunciare quelle parole fatidiche: “Sempre e ovunque”. Anzi, nessuno le ha ancora dette, a cominciare da Macron. Il quale, ai ministri riuniti all’Eliseo, ha ricordato che «non bisogna sbagliarsi» che oggi «è l’estrema destra che sta per arrivare alle massime funzioni dello Stato, nessun altro».

Sembra un orientamento preciso, un invito a schierarsi contro con chiarezza. Ma poi mancano le parole indispensabili: ritirarsi “sempre e ovunque”. La maggioranza macroniana diffida della sinistra de La France Insoumise, senza arrivare all’equidistanza fra Le Pen e Mélenchon proclamata apertamente dal ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, e dall’ex premier, Edouard Philippe.

Tutto il resto è estremamente fluido e confuso, il Fronte Repubblicano ancora non c’è e restano poche ore (il termine per decidere se andare o no al ballottaggio scade alle 18 di oggi) per riportarlo in vita. Soltanto con una desistenza comune – destra moderata, centro, sinistra – si può scongiurare che l’Rn arrivi alla fatidica quota di 289 seggi necessaria per la maggioranza assoluta. Secondo un conteggio di ‘Le Monde’, lunedì sera circa 180 candidati della gauche e macronisti (per tre quarti dell’Nfp, per un quarto di Ensemble), potenziali protagonisti dei ‘triangolari’ (ballottaggi a tre), si sono ritirati in nome della resistenza comune all’Rn.

Ma Macron sta preparando la coabitazione anche perché ha compreso che il partito di Marine Le Pen ha ormai già un piede a Matignon, il palazzo sede del primo ministro. Se nei giorni scorsi Jordan Bardella aveva chiesto agli elettori «la maggioranza assoluta» per consentire a lui e a Rn di «cambiare il Paese» (arrivando a dire «senza maggioranza assoluta non andrò a fare l’assistente del presidente»), oggi, con l’Rn che se non raggiungerà quota 289 ci andrà molto vicino – gli studi parlano di 15 seggi in meno, una quota di deputati non impossibile da trovare, di volta in volta – l’atteggiamento di Bardella è cambiato: «Bisognerà vedere il modo in cui l’Assemblée Nationale si organizza – ha detto Sébastien Chenu, uno dei dirigenti più vicini a Le Pen – ma ci assumeremo le nostre responsabilità davanti ai francesi».

ESTERO / SVIZZERA

it-ch

2024-07-02T07:00:00.0000000Z

2024-07-02T07:00:00.0000000Z

https://epaper.laregione.ch/article/281603835665025

Regiopress SA