Premi, deduzioni che costano milioni
Calcolato l’impatto delle iniziative. Quella leghista ne farebbe mancare 83
di Giacomo Agosta
Gli aumenti dei premi di cassa malati sono un problema in Ticino. Stangata dopo stangata, negli ultimi tre anni sono cresciuti di circa il trenta per cento. Che fare? Per cercare di tutelare il potere d’acquisto dei cittadini c’è chi ha messo sul tavolo delle proposte. Tre di queste, avanzate a livello cantonale, suggeriscono di aumentare la possibilità di dedurre i premi dalle imposte. A farsi avanti nel 2018 con questa “ricetta” attraverso un’iniziativa parlamentare era stato Gabriele Pinoja a nome del gruppo La Destra, che proponeva di aumentare del 20 per cento le possibili deduzioni. L’anno successivo il presidente del Partito liberale radicale Alessandro Speziali, sempre attraverso un’iniziativa parlamentare, ha chiesto di adeguare le deduzioni all’evoluzione dei premi. Più radicale l’iniziativa della Lega dei ticinesi, primo firmatario il deputato in Gran Consiglio Andrea Censi, che due anni fa ha raccolto le firme per permettere la deduzione integrale dei premi di cassa malati. Proposte che vogliono essere un aiuto per la popolazione, certo. Ma che chiamerebbero Cantone e Comuni a far fronte a una diminuzione del gettito fiscale. A mettere nero su bianco la portata di queste iniziative, con una lettera inviata alla sottocommissione fisco della commissione parlamentare ‘Gestione e finanze’, è il Consiglio di Stato. Sei pagine, con tanto di cifre e tabelle, che mostrano come il colpo da assorbire per l’ente pubblico sarebbe importante. Molto importante. L’iniziativa di Pinoja, quella con l’impatto minore, peserebbe in totale per 32,8 milioni di franchi (18,2 per il Cantone e 14,6 per i Comuni). Quella di Speziali, invece, farebbe mancare 53,8 milioni di franchi (29,9 al Cantone e 23,9 ai Comuni). Più pesante l’ammanco in caso di approvazione dell’iniziativa promossa da Censi e dalla Lega dei ticinesi: 83 milioni di franchi (46,1 Cantone e 36,9 Comuni). “Per le iniziative Pinoja e Censi l’impatto finanziario è stato calcolato ipotizzando che la totalità dei contribuenti che nel periodo fiscale 2020 ha fatto valere gli importi massimi deducibili attualmente previsti dalla Legge tributaria, ovvero circa 91mila casi pari al 43 per cento del totale, sfrutterebbe i nuovi limiti deducibili proposti”. La simulazione, spiega il Consiglio di Stato nella sua missiva, è stata basata sui dati fiscali 2020 in quanto si tratta del periodo fiscale più recente accertato in misura quasi completa. “Per quanto riguarda invece l’iniziativa Speziali – precisa il governo – la simulazione è stata fatta sostituendo gli importi massimi dedotti per oneri assicurativi dai contribuenti nel 2020 con gli importi dei premi medi di riferimento 2025”.
Cifre che potrebbero essere sottostimate
Il Consiglio di Stato fa poi una precisazione importante: “Rendiamo attenti che le simulazioni degli impatti finanziari di queste iniziative, basandosi su dati fiscali del 2020, potrebbero risultare sottostimante”. Questo perché, nel frattempo, “i premi di cassa malati sono aumentati in media del 30 per cento. È lecito supporre – scrive il governo – che il numero di contribuenti che nel 2025 e negli anni a seguire faranno valere la deduzione massima sarà superiore rispetto ai dati accertati del 2020”. Non solo, “va pure rilevato che l’aumento dei premi si ripercuote anche sul costo delle deduzioni di quei contribuenti che non raggiungono gli importi massimi deducibili”. Un impatto, quest’ultimo, che non è stato considerato nelle simulazioni finanziarie delle tre iniziative analizzate. Ad avanzare, tra le proposte per alleggerire il peso dei premi sulle famiglie, è anche l’iniziativa del Partito socialista per limitare i premi al 10 per cento del reddito disponibile. Il Ps per smuovere la situazione ha elaborato un testo conforme e a breve dovrebbe incontrare la commissione ‘Sanità e sicurezza sociale’ del Gran Consiglio per discuterne. Un Comune come potrà garantire tutte le prestazioni che fornisce oggigiorno con meno risorse?». Dafond precisa poi un aspetto: «Tutte queste riduzioni di gettito, che abbiamo visto o che vedremo in futuro, hanno un impatto differente tra un Comune e l’altro. Sono diversi i fattori in gioco: l’indice di forza finanziaria e la perequazione indiretta, ad esempio». Senza dimenticare che gli oneri tendono ad aumentare. «Ci sono Comuni che hanno dovuto alzare il moltiplicatore perché alcune spese, come quelle legate alle cure per le persone anziane, sono costantemente in crescita». Insomma, «rivedere al ribasso il gettito vuol dire anche alterare fortemente la stabilità di un Comune. C’è chi può reggere l’urto senza troppe difficoltà, ma per altri, con magari un substrato fiscale meno solido, potrebbe diventare problematico. Il discorso – continua il presidente dell’Act – è molto più complesso dello slogan ‘tolgo delle risorse all’ente pubblico per lasciarle nelle tasche dei cittadini’. Serve una riflessione e un’analisi più approfondita, anche per capire qual è nel concreto il cambiamento per il cittadino medio».
Per comprendere la complessità (e varietà) del sistema, Dafond porta un esempio concreto: «Case per anziani e servizi di cure a domicilio hanno avuto un’esplosione delle spese molto più grande di quello che si pensava. Il costo è coperto dall’utente, dalla sua cassa malati e, per la parte che eccede, dal Cantone nella misura del venti per cento e dal Comune di residenza. Ma – puntualizza Dafond – non tutti i Comuni pagano allo stesso modo. Alcuni ne rimettono una parte al fondo di compensazione intercomunale. Ecco quindi che queste modifiche vanno ad alterare un sistema complesso e fragile». La conseguenza è «che siamo su una bomba a orologeria. Rischiamo che i Comuni che ora versano al fondo di compensazione in futuro non potranno più farlo allo stesso modo. A rimetterci sarebbero alcuni Comuni grandi. Per fare i nomi: Lugano e Locarno in primis».
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