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Plr, via allo Speziali bis ‘Adesso serve più coraggio’

Al congresso liberale radicale l’autocritica del presidente. Tra le priorità potere d’acquisto, sburocratizzazione e ambiente. Farinelli, Ferrara, Käppeli e Poloni i suoi vice

Di Jacopo Scarinci

Dalla stazione di Biasca per arrivare allo Swissrail Park, dove il congresso del Plr ieri ha confermato per acclamazione il presidente Alessandro Speziali per un altro mandato, si deve percorrere parte di una lunga via dedicata ad Alfredo Giovannini. Biaschese e alfiere per tutto il suo percorso politico di un profondo radicalismo umanista e intriso di illuminismo. Avvicinandosi all’assise liberale radicale la mente, passeggiando dunque per via Giovannini in mezzo a nuvole basse e pioggerella fina, tornava alle parole con cui un altro radicale di quelli gagliardi, Jean-Louis Scossa, ricordò l’ex sindaco e deputato di lunghissimo corso: “Per lui l’amicizia – virtù cardinale – era pure una virtù politica. Essa è il legame che unisce tra di loro i cittadini preoccupati di alimentare gli uni con gli altri, malgrado le loro divergenze, una sorta di ‘conversazione’ (dialogo democratico) permanente”. Perché se una società deve andare avanti, deve farlo assieme. Due stupendi lapsus: la già deputata Michela Ris dà il benvenuto a tutti al “congresso del Partito liberale”. Speziali in un’occasione lo chiama “Partito radicale”. Ai tempi del pragmatico Bixio Caprara, quelli del liberaliradicali parola unica, le cose erano un po’ più semplici.

Arrivando allo Swissrail Park, c’erano tutti i Plr possibili e immaginabili: dalla destra economica alla destra e basta, dal radicale del Sottoceneri a quello del Sopra – così diversi, nella loro somiglianza –, da chi guarda alle finanze pubbliche con la chiave del forziere salda in mano, a chi inizia a capire che può capitare anche ai suoi elettori di aver pochi franchi in tasca. A tutti questi Speziali, nel suo intervento, si è rivolto affermando che «non farò alcuna autodifesa, so bene di aver commesso degli errori e devo fare meglio». Dagli occhi di qualche esponente di spicco – e ricordando alcune loro parole e mimiche facciali assieme a gipfel e caffé prima di iniziare – si è capito abbastanza subito che il congresso stava andando verso l’apertura di una linea di credito. Soprattutto perché, dice Speziali, «dobbiamo cercare di più il confronto con le urne, considerando anche le votazioni sull’apertura dei negozi o la riforma fiscale: ma dobbiamo essere noi per primi a proporre i temi su cui discutere. Non è stato fatto abbastanza». In alcuni momenti, riconosce ancora Speziali, «dovevamo fare meglio, diversamente, di più: concretamente e mediaticamente. Di queste mancanze mi assumo la responsabilità». Così come se la assume per l’esito delle elezioni cantonali del 2023: «L’aver perso due seggi, uno per 40 schede, brucia ancora. E brucia anche non aver riportato un liberale radicale agli Stati».

‘Il potere d’acquisto cigola’

Un ‘mea culpa’ che si allarga anche alle risposte sul potere d’acquisto in calo: «Dobbiamo reagire soprattutto su un tema centrale: quello dei premi di cassa malati. Dovevamo farlo prima, lo abbiamo fatto ora proponendo un controprogetto alle iniziative di Ps e Lega. Non dobbiamo più giocare in difesa, errore commesso troppe volte». Perché? «Perché così si alimenta la sfiducia, e la sfiducia è la kryptonite di ogni forma di liberalismo». In un momento dove «attorno a noi vediamo imbonitori col sorriso perenne, semplificatori seriali, venditori di fumo. Ma il potere d’acquisto cigola per un numero sempre maggiore di persone, i motivi sono sentiti e reali, anche se nel mondo di oggi non è facile essere una forza come la nostra». E riguardo ai costi della sanità, le colpe per Speziali non sono solo della Berna federale ma «anche del Ticino, anche di una pianificazione ospedaliera davvero troppo timida che noi abbiamo accompagnato, ma la prossima volta non sarà così». Nel senso che «dovremo sorprendere per coraggio, a costo di essere una minoranza ogni tanto. Ma segnando un cambio di passo».

Un cambio di passo che il riconfermato presidente vuole per «un vero piano di sburocratizzazione da parte del Cantone», per una scuola dove «bene l’inclusione, ma il mondo corre e i pochi giovani che la demografia ci dà devono essere attrezzati a competere non solo con le altre persone, ma pure con le macchine perché l’Intelligenza artificiale è sempre più una realtà».

E i cordoni della borsa, per Speziali, devono essere allargati per «spazzare via le nubi scure sulle prospettive economiche sostenendo con investimenti di decine di milioni di franchi l’innovazione, le Pmi, il turismo, lo sviluppo regionale e l’industria». Acclamazione che sarebbe arrivata comunque, la formaggella regalo, la “Riscossa” sparata a tutto volume e un battimani spontaneo però non tolgono l’elefante dalla stanza: quello del malcontento che circola, eccome se circola. C’è chi, nell’attesa, ha preferito un laico silenzio. A parlare invece pubblicamente alla platea è la deputata Roberta Passardi: «Avevo un intervento pronto, perché non ho mai fatto mancare critiche al presidente. Ma col suo discorso di oggi, devo rifare il punto della situazione». Però come tradizione vuole, il bastone Passardi lo usa: «Bisogna essere più presenti e critici al nostro interno». La vicecapogruppo in Gran Consiglio Simona Genini ricorda che «è il momento giusto per ricordarci della nostra cultura di governo, destra nazionalista e sinistra statalista fanno credere che il liberalismo sia superato: non lo è. Storicamente ha rotto equilibri e fatto scelte coraggiose, torniamo a farlo». La presidente dei Giovani liberali radicali Asia Ponti, dopo, invita «a investire ancora di più su di noi, di ascoltarci, coinvolgerci e darci responsabilità». È però Giovanni Merlini, già presidente cantonale e a lungo consigliere nazionale, a fare l’intervento più denso e importante. Dopo aver «apprezzato l’onestà intellettuale con cui il presidente ha detto che alcune cose non stanno andando bene», c’è anche da sottolineare che a livello globale «questo conservatorismo che fa l’occhiolino alle autocrazie e alle figure forti si combatte investendo nella conoscenza e nella cultura. Solo facendolo riusciremo nel lungo termine a scoraggiare il consolidamento dei pregiudizi, le credenze che circolano sui social dove a volte vengono scritte cose abiette come fossero verità calate dal cielo, senza il minimo ritegno né cautela nell’esprimerle». Il contesto è quello che è. Nel suo intervento, il consigliere federale Ignazio Cassis ha lodato «l’energia positiva e la chiarezza della bussola liberale nel concretizzare gli impegni che si prospettano». Ma arriva anche un avvertimento: «Per la prima volta in 120 anni di democrazia moderna tutti i leader hanno perso consensi alle urne: non è un normale ciclo politico, ma una crisi profonda del sistema». Il consigliere di Stato Christian Vitta, notoriamente prudente, rimarca che «tanti venti soffiano contro un certo modo, il nostro, di fare politica: dobbiamo essere convincenti noi per primi». Altri applausi, viene presentata la nuova squadra di vicepresidenti (Alex Farinelli, Natalia Ferrara, Fabio Käppeli e Giovanni Poloni), i volti sembrano distesi, il pranzo sta per essere servito. Una persona d’esperienza prima dell’inizio dell’assise ha mormorato al cronista che «la rivoluzione si fa con i rivoluzionari», alla fine il disincanto non è passato del tutto. Sotto la cenere del fragore portato dagli applausi generali, la brace è ancora calda. Molto calda. E la sensazione quando da via Officina si torna su via Alfredo Giovannini è che qualche non detto di troppo ci sia ancora, perché un partito e una società vadano davvero avanti insieme.

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2025-03-17T07:00:00.0000000Z

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