Speleosub morto, ‘garantire un recupero sicuro’
Speleosub morto nella grotta Pertusio: per Regula Höhn (Soccorso speleologico svizzero) bisognava garantire la sicurezza di chi ha lavorato al recupero
di Fabio Barenco, Katiuscia Cidali e Marino Molinaro
Regula Höhn (Soccorso speleologico svizzero) illustra come le condizioni specifiche della grotta del Pertugio abbiano consentito solo pochissime immersioni di durata limitata.
«Le condizioni specifiche che caratterizzano la grotta (come la profondità, la temperatura o la torbidità dell’acqua) hanno consentito, nell’arco di 24 ore, solo pochissime immersioni di durata limitata, così da garantire la sicurezza dei soccorritori». Sicurezza ritenuta dunque fondamentale da Regula Höhn, membro di comitato del Soccorso speleologico svizzero, che spiega a ‘laRegione’ il motivo per cui ci è voluta una settimana intera per estrarre la salma dello speleosub lucernese morto sabato 2 novembre dopo essersi immerso – durante una missione affrontata in solitaria – nella grotta delle sorgenti del Brenno in zona Alpe Pertusio, nell’alta Val di Blenio.
Höhn precisa inoltre che durante le operazioni di recupero coordinate dalla Polizia cantonale ticinese «sono state coinvolte circa venti persone». Oltre agli agenti e ai sub esperti del Soccorso speleologico svizzero, sono anche intervenuti «membri del Soccorso alpino svizzero che hanno supportato le operazioni all’esterno della grotta». Operazioni di recupero che, essendo particolarmente complesse e tecnicamente impegnative, hanno dunque richiesto diversi giorni e numerose immersioni da parte di sub esperti.
‘Di solito si immergono insieme’
La zona dell’Alpe Pertusio è molto frequentata dai turisti, in particolare per l’interesse che suscita proprio la sorgente del Brenno. Anche diverse scolaresche vi si recano per osservare dove nasce il fiume della Valle di Blenio. Ma davvero quest’area ai piedi del Passo del Lucomagno è altrettanto allettante per gli speleosub? Poniamo la domanda all’agricoltore Matthias Vitali, gerente dell’Alpe Pertusio – di proprietà del Patriziato di Castro – che si affaccia sulla sorgente. «Devo dire che le persone che si recano qui per praticare speleologia subacquea non sono tantissime, ma comunque ce ne sono: la zona è conosciuta tra chi pratica questa attività. La maggior parte proviene da oltre Gottardo e, da quanto ho potuto osservare, di solito sono in due a immergersi», spiega Vitali. «Si addentrano nella grotta per diversi mesi, nel periodo compreso fra lo scioglimento della neve fino a poco prima che arrivi». Nonostante le temperature costantemente molto basse dell’acqua, che si aggira tra i due e i cinque gradi, quest’attività non viene praticata unicamente nella stagione estiva ma anche in primavera e autunno. «È una zona che raggiungono perché è molto bella e interessante per questo genere di disciplina. Chiaramente – conclude Vitali – gli speleosub devono avere molta esperienza per immergersi qui».
‘Una riflessione comune andrebbe forse fatta’
La domanda s’impone: forse il Patriziato di Castro può fare qualcosa per evitare il ripetersi di altre sciagure simili? «Una riflessione credo si renda opportuna, ma vorrei che non si limitasse alla sola cerchia patriziale», osserva il presidente Renzo De Bolla lanciando un segnale ai livelli superiori, come il Comune di Blenio e le autorità cantonali e turistiche. Nei decenni passati, aggiunge, la bocca del Pertüs «era praticamente sconosciuta ai più e al massimo qualcuno vi entrava per pochi metri. Le visite si sono moltiplicate dopo che qualche anno fa la televisione ha mandato in onda un documentario che mostrava l’esperienza di alcuni sommozzatori speleologi». Tornando al Patriziato, «è vero che siamo i proprietari dell’alpeggio, ma questo non vuole ancora dire che dobbiamo occuparci anche della sicurezza. Si può forse immaginare di posare un’apposita segnaletica, indicando magari l’obbligo di non entrare da soli. O comunque la necessità di avere un’esperienza molto solida. Eviterei però di parlare di divieti, perché è vero che le nostre montagne sono piene di zone rischiose, ma non per questo se ne vieta l’accesso».
Un’intera settimana lì sotto
Ricordiamo che il corpo del 56enne svizzero domiciliato nel Canton Lucerna è stato estratto dai soccorritori dalla stretta fessura a 1’830 metri di quota, praticamente a filo della superficie dell’acqua, sabato 9 novembre poco prima delle 11.20. E questo anche se la salma era già stata individuata una settimana prima, nella serata di sabato 2 novembre, giorno in cui è scattato l’allarme alla Polizia cantonale. L’uomo si trovava a una profondità di oltre 40 metri e a circa 200 metri dall’entrata della grotta. Grotta che, come ha riferito ieri Ticinonews, la vittima conosceva molto bene, visto che aveva anche contribuito a mapparla.
PRIMA PAGINA
it-ch
2024-11-12T08:00:00.0000000Z
2024-11-12T08:00:00.0000000Z
https://epaper.laregione.ch/article/281621015860553
Regiopress SA