‘Un momento delicato, c’è tanta preoccupazione’
Gianluca D’Ettorre, responsabile di Ocst-docenti, rimprovera: ‘Molte delle sfide previste sono state disattese. E quando arriveranno quelle imprevedibili?’
Di Vittoria De Feo
Il settore medio superiore, e più in generale il mondo della scuola ticinese, «si trovano ad affrontare diverse sfide. Siamo in un momento delicatissimo. Tra i docenti c’è un generalizzato sentimento di preoccupazione, alimentato dal fatto che, come dimostrano diversi casi di attualità, sembra non si riescano a prevedere gli eventi prevedibili. Cosa ne è allora di quelli meno prevedibili? Le sfide sono molte, ma il tempo stringe». Non è un quesito marginale quello posto da
Gianluca D’Ettorre, responsabile in seno all’Ocst della sezione dedicata ai docenti. Non sono infatti mancati negli scorsi mesi episodi che hanno fatto tremare il sistema scolastico ticinese. Si pensi all’ex docente della Spai di Mendrisio, finito al centro delle cronache per via della vertenza legale con la direzione dell’istituto scolastico e infine licenziato (si attende ancora la decisione del Tram, il Tribunale cantonale amministrativo, sulla liceità del licenziamento). C’è poi il caso delle nomine in job sharing di Désirée Mallè e Mattia Pini nella funzione di capi, all’interno del Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs), della Sezione dell’insegnamento medio superiore (Sims). Nomine da subito contestate, poi annullate dal Tram, ma (ri)confermate dal Consiglio di Stato “dopo una nuova verifica dei requisiti e delle competenze”, come spiegato lunedì in parlamento dalla direttrice del Decs Marina Carobbio. A sollevare più di un interrogativo c’è anche la vicenda dei tredici aspiranti insegnanti di italiano nel medio superiore che, nonostante l’abilitazione in corso al Dfa di Locarno, non avranno ore assegnate visto che “il fabbisogno stimato di nuovi docenti è calato”.
‘Scarsa trasparenza’
Come emerso dalle diverse prese di posizione sulla vicenda degli abilitandi al Dfa, le criticità del sistema si trascinerebbero da anni e il caso in questione sarebbe anzi solo la punta dell’iceberg. Per D’Ettorre, non si tratta infatti di «problemi nuovi, anche perché alcuni sono già stati più volte affrontati». Tra gli elementi più spinosi quello della scarsa trasparenza, in particolare per quanto riguarda la graduatoria dei docenti durante i concorsi di assunzione. In merito, rievoca il sindacalista, dalle risposte fornite nel 2019 dal governo a un’interrogazione di Maddalena Ermotti-Lepori (Centro) «non emergeva un carattere vincolante della graduatoria redatta dalla commissione di valutazione per quanto riguarda l’autorità di decisione». Inoltre, illustra D’Ettorre, «è come se ci fosse una doppia selezione: una di ammissione con i criteri del Dfa, che non necessariamente sono gli stessi del Decs, e poi la procedura di ammissione al Decs che si gioca tra la commissione e i funzionari superiori. Non è chiaro – aggiunge – in quale misura i vari uffici competenti abbiano uno spazio di manovra rispetto alla graduatoria stilata dalla commissione esaminatrice». Un altro passaggio poco trasparente è quello dell’attribuzione delle ore. «È tutto molto opaco», rileva il responsabile di Ocst-docenti, che constata: «Non si capisce quali siano i criteri, quanto valgano l’anzianità di servizio o il voto durante la procedura di assunzione, quanto incidano i rapporti scritti dagli esperti di materia durante le visite in incarico».
Ad aver fatto alzare più di un sopracciglio, le dichiarazioni del direttore della Divisione della scuola Emanuele Berger e del direttore del Dfa Alberto Piatti secondo cui l’abilitazione non garantisce un’assunzione diretta. D’Ettorre però non ci sta: «Basta andare a leggere i documenti sul tema. Prendiamo l’edizione 2023 della pubblicazione ‘Scuola a tutto campo’, nella sezione dedicata ai docenti, a pagina 436, si legge che ‘l’offerta di corsi abilitanti a una disciplina per le scuole medie superiori è commisurata al potenziale fabbisogno di docenti in questo ordine scolastico’. Il nesso non è ambiguo, anzi». «Ambigua» è invece la «natura ibrida del Dfa, finora accettata a livello ticinese, perché salvo gli ultimi cinque anni non ci sono stati grandi problemi di docenti abilitati che hanno faticato a essere assorbiti nel sistema scolastico», riprende il sindacalista. «Il Dfa – prosegue – si presenta da un lato come scuola universitaria, ovvero come un istituto che dovrebbe proporre delle formazioni ogni anno. Al contempo non ha però la continuità che ha solitamente un’università a pieno titolo, nel senso che lavora in maniera saltuaria, visto che alcune abilitazioni si aprono anche ogni dieci anni». Di più. «Il Dfa – rimarca D’Ettorre – ha poi un cliente unico, il Decs. Anche questo elemento dovrebbe porre degli interrogativi». E spiega: «Una scuola universitaria dovrebbe avere al suo interno un dibattito scientifico di correnti di pensiero». Tant’è, rimprovera il sindacalista, che «da noi, è inutile nascondersi, si entra e si lavora nel Dfa più facilmente se c’è un allineamento con la visione pedagogica del Decs. Finora lo si è accettato perché era perlomeno una scuola professionalizzante che dava quasi certamente uno sbocco». Da qui la domanda: «Se questa scuola non garantisce più neanche uno sbocco lavorativo e neppure una levatura accademica di ampio respiro a livello nazionale e internazionale, allora ci si chiede quale sia il suo senso». Tra le motivazioni di Decs e Dfa, anche il fatto che un’abilitazione permetta di lavorare Oltralpe. «Formulo una domanda alternativa», premette D’Ettorre: «Quanti docenti abilitatisi oltre Gottardo ha assunto il Decs negli ultimi 5-10 anni?». Certo, osserva il sindacalista, «formalmente è vero, c’è un riconoscimento a livello federale delle varie abilitazioni all’insegnamento». Ma c’è un ma. «Ci sono però delle specificità evidenti, dato che de facto l’abilitazione dell’istituto locale più vicino consente maggiori probabilità di essere assunti». Infatti, continua, «non necessariamente ciò che viene insegnato a Locarno è visto di buon occhio a Zurigo e viceversa. Le ragioni fornite da Decs e Dfa sono molto teoriche e formali, ma non hanno riscontri concreti nella realtà dei fatti».
Situazioni inedite
I problemi, poi, non finiscono all’entrata nel mondo del lavoro. «L’assegnazione poco trasparente delle ore – dice D’Ettorre – porta inevitabilmente i docenti non nominati a subire passivamente gli eventi, senza avere una visione generale. È comprensibile che determinati dati rimangano in mano all’amministrazione, ma allo stesso tempo molti insegnanti restano per anni in un limbo». Non solo. «È vero che dal punto di vista legale un docente è nominato o incaricato per il Cantone e non per una sede, ma negli ultimi anni diversi insegnanti sono stati trasferiti, con comunicazione a fine luglio, creando problemi anche nella conciliazione vita-lavoro». A ciò si aggiunge il fatto che «la scuola ticinese è tra le più femminilizzate della Svizzera, che non è di per sé un male, ma va di pari passo con il lavoro a tempo parziale. Un trasferimento, quando già si lavora su più sedi o si hanno altri impegni, è sicuramente più impattante».
Nelle scuole medie superiori è inoltre in atto una revisione della formazione liceale a livello federale. «Sono in tal senso in corso – indica il sindacalista – diversi incontri tra la direttrice del Decs, i capisezione Sims recentemente riconfermati e i collegi dei docenti. Andranno prese delle decisioni con ricadute sulle ore di insegnamento, e quindi sul fabbisogno di docenti». Tanti, come detto, gli elementi sul tavolo. Ma non è tutto. «In alcune scuole comunali e in particolare alla Scuola cantonale di commercio – rileva – ad alcuni docenti nominati è stato comunicato che la sede non sarà in grado di garantire loro le ore di nomina nei prossimi anni. Sono situazioni mai viste finora e che costituiscono una grande sfida».
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2025-03-26T07:00:00.0000000Z
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