Bancarotta fraudolenta, tre anni al ‘re dei ponteggi’
La vicenda si è chiusa dopo quasi nove anni
Di Sebastiano Storelli
Trentasei mesi (3 anni) di carcere, una metà dei quali (18 mesi) soggetta a una sospensione condizionale di cinque anni, mentre all’altra metà andrà dedotto il carcere preventivo scontato (322 giorni) e nessuna espulsione dalla Svizzera. È finita così, a capo di quasi nove anni di inchiesta e tre atti d’accusa, la vicenda del “re dei ponteggi”, un cinquantenne kosovaro accusato di una lunga serie di reati, tra cui la bancarotta fraudolenta per il fallimento della M+M Ponteggi, una delle ditte di sua proprietà.
‘Denaro da una tasca all’altra’
La Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta (giudici a latere Emilie Mordasini e Luca Zorzi), ha dunque seguito soltanto in parte le richieste della procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, la quale aveva chiesto una condanna a 4 anni e 6mesi e l’espulsione per 8 anni. Ha tuttavia ritenuto l’imputato colpevole del capo d’imputazione principale, vale a dire quello di bancarotta fraudolenta e frode nel pignoramento. È infatti stato provato, come ha sottolineato il giudice Pagnamenta, che «l’uomo ha sottratto denaro dal conto della M+M Ponteggi per destinarlo ad altro scopo. Pur essendo a conoscenza del concetto di persona giuridica, riteneva che i conti delle sue società fossero di sua proprietà». Come fossero un «mantello e lui spostasse a piacimento il denaro da una tasca all’altra», da una società all’altra. «Quando il giocattolo stava per rompersi, ha utilizzato il denaro della M+M per costruirsene uno nuovo. E questo agire ha una rilevanza penale, in quanto non è ammesso il danneggiamento di una società per favorirne un’altra». Oltre che per il reato di bancarotta fraudolenta, l’imputato è stato condannato pure per cattiva gestione: «Non ci sono casi più emblematici e scolastici di qualcuno incapace di tenere una contabilità. Il fatto poi che abbia tentato di scaricare le sue responsabilità su una persona ormai deceduta (la contabile, ndr) è quanto meno censurabile». La Corte lo ha pure ritenuto colpevole di falsità in documenti e frode fiscale.
In conclusione, il giudice Pagnamenta ha ricordato come la colpa del 50enne kosovaro residente nel Bellinzonese sia «grave da un profilo oggettivo come soggettivo. Ha reiterato i reati per più anni, ha trattato i soldi delle società come se fossero suoi, senza preoccuparsi delle conseguenze che il suo agire avrebbe avuto su terze persone. E ciò, nonostante fosse in possesso di capacità intellettuali e disponibilità finanziarie che l’avrebbero potuto far desistere dal compiere tali reati».
La Corte, come detto, non ha sposato in toto le richieste dell’accusa e per più di un reato ha deciso per il proscioglimento: in particolare per quanto attiene alle accuse di riciclaggio ripetuto, incitazione all’entrata, alla partenza e al soggiorno illegale, omissione della contabilità, appropriazione indebita di imposte alla fonte (quest’ultima per incompetenza, le altre per prescrizione) e per la quasi totalità dell’atto d’accusa aggiuntivo. Fa eccezione il capitolo legato alla truffa nell’ambito dei crediti Covid. Come ha sottolineato il presidente della Corte, «l’imputato aveva il diritto di ricevere quel denaro, che gli sarebbe stato concesso anche se avesse notificato la presenza di un certo numero di precetti esecutivi gravanti sulla sua società, la Lux Company». Tuttavia, siccome almeno una piccola parte di quella somma di 110’000 franchi è stata prelevata e utilizzata per scopi non conformi, gli è stata comminata una multa di 5’000 franchi.
Inchiesta troppo lunga
Secondo il giudice Pagnamenta, i reati accertati avrebbero potuto portare a una pena variante tra i quattro anni e mezzo e i cinque anni. All’imputato, che «peraltro in aula non si è mai assunto le sue responsabilità, cercando di scaricarle su terze persone», sono tuttavia state concesse alcune attenuanti, in particolare la violazione del principio di celerità per il lungo tempo trascorso dall’inizio di un’inchiesta che, lo ricordiamo, aveva preso le mosse dal cosiddetto scandalo dei falsi permessi.
Si chiude così una vicenda a suo tempo molto chiacchierata, a meno che la difesa, patrocinata dagli avvocati Edy Meli e Marilisa Scilanga, decida di ricorrere in Appello.
BELLINZONA E VALLI
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2025-12-04T08:00:00.0000000Z
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