Il Taf respinge il ricorso della donna iraniana
Il Tribunale amministrativo federale ha respinto il ricorso della 37enne iraniana. A lei e ai suoi figli non è stato concesso lo statuto di rifugiati
Di Katiuscia Cidali
Alla 37enne Noushin Azarnoush e ai suoi figli non è stato concesso lo statuto di rifugiati. La famiglia al momento può restare ma l’ammissione è provvisoria.
Giunta in Svizzera confidando di trovare sensibilità e accoglienza, lasciando alle spalle violenza e paura, ha trovato sostegno nella società civile, che l’ha accolta facendola sentire a casa. Si è però scontrata con la dura realtà istituzionale che non ha concesso a lei e ai suoi figli lo statuto di rifugiati. Ci riferiamo alla vicenda di Noushin Azarnoush, donna iraniana di 37 anni che vive a Giubiasco, madre sola con due bambini, divorziata da un marito violento e giunta in territorio elvetico nel 2021 dopo un lungo e difficile viaggio iniziato dieci anni fa. La sua storia l’abbiamo narrata a più riprese nelle nostre pagine alcuni mesi fa. La battaglia legale della donna per poter restare è giunta fino al Tribunale amministrativo federale (Taf) con sede a San Gallo, al quale lo scorso 2 ottobre, per mezzo della sua legale Immacolata Iglio Rezzonico, ha inoltrato ricorso contro la decisione con cui la Segreteria di Stato della migrazione (Sem) il 28 agosto non ha riconosciuto alla donna e ai suoi due figli minorenni lo statuto di rifugiati e ne aveva quindi respinto le domande d’asilo. Ora la decisione più difficile da digerire: il ricorso è stato respinto anche dal Taf.
‘Troppo spesso decisioni politiche’
Il tribunale ha in buona sostanza condiviso quanto asserito dalla Sem, ovvero che il racconto fornito dalla donna non ha reso verosimile che vi siano motivi d’asilo. In particolare, non è stato ritenuto credibile il fatto che la donna sostenesse di essere fuggita poiché non si sentiva più sicura essendosi convertita al cristianesimo. Per ora la donna può restare, ma l’ammissione è provvisoria: «Il timore delle persone con permesso F è che se la Svizzera dovesse cambiare percezione riguardo al Paese di origine può essere ordinato il rimpatrio», evidenzia Iglio Rezzonico. Per il caso di Noushin non sembrerebbe entrare in linea di conto appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), questo poiché nella procedura non sarebbe stata ravvisata una palese violazione dei diritti umani. A titolo personale l’avvocato Iglio Rezzonico, che ha seguito un centinaio di storie simili, afferma che «purtroppo in questi casi assistiamo troppo spesso a decisioni politiche. La convenzione sui rifugiati non ha più il valore che dovrebbe avere, vengono attuate decisioni politiche sui rifugiati e non decisioni sulla protezione effettiva che le persone dovrebbero ricevere».
L’autismo e la scuola
Negli ultimi tempi, per quanto riguarda la situazione di Noushin è emerso un nuovo elemento: al figlio minore è stata diagnosticata una sindrome da spettro autistico. Questo fattore potrebbe influire? Secondo l’avvocato, purtroppo no. «Conosco una famiglia con un figlio minorenne affetto da autismo e questo non ha avuto alcun influsso sulla decisione di rimpatrio», evidenzia Iglio Rezzonico. Se viene ritenuto che nel Paese di origine possano essere garantite le necessarie cure, la sindrome non rappresenta un deterrente. Il riferimento è a un’altra famiglia in bilico, si tratta dei Pokerce di Riazzino. Il nostro giornale ha raccontato nelle scorse settimane nelle pagine di Locarno (cfr. laRegione dell’8 e 12 marzo) la loro storia. Per questa famiglia di etnia curda (composta da due genitori con tre figli) pure patrocinata da Iglio Rezzonico, è stata recentemente lanciata una petizione per permettere ai ragazzi di proseguire il loro percorso di studio. Per loro, in Svizzera dal 2021, è già stato deciso il rimpatrio forzato in Turchia; la Sem prima, il Taf poi, hanno infatti respinto la richiesta d’asilo. L’avvocato ha quindi presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che non si è ancora espressa. La ministra socialista dell’Educazione Marina Carobbio Guscetti si era inoltre rivolta individualmente all’Esecutivo cantonale, auspicando che ai ragazzi venisse consentito di terminare studi e formazione. Lo stesso identico scopo è perseguito da chi firmerà la petizione entro il 2 aprile.
Il timore della persecuzione religiosa
Anche Noushin come la famiglia Pokerce era giunta in Svizzera nel 2021. Appena giunta in Ticino, aveva presentato regolare domanda d’asilo, ma la Sem le aveva concesso unicamente il permesso F, ossia un’ammissione provvisoria, non riconoscendole dunque la qualità di rifugiata. Decisione che lei aveva impugnato col supporto giuridico del Soccorso operaio svizzero e che il Tribunale amministrativo federale (Taf), con sentenza dello scorso 13 maggio, aveva parzialmente accolto rinviando alla Sem gli atti e chiedendo di esaminare più approfonditamente la questione relativa alla nascita del figlio avvenuta dopo la fuga dall’Iran (era rimasta incinta a seguito di una violenza sessuale subita da un passatore in Grecia) e cosa ciò potrebbe comportare in caso di ritorno in patria. La Sem, sulla base di accertamenti eseguiti rivolgendosi all’Ambasciata svizzera di Teheran, nel giro di qualche settimana le aveva comunicato che in caso di ritorno in Iran “è altamente improbabile che vada incontro a seri pregiudizi o a una procedura penale per la nascita del secondo figlio”. E ha aggiunto che “i rapporti extraconiugali sono oggi comuni in Iran e le autorità e i giudici iraniani riconoscono questa realtà”. Oltre a questo aspetto, la Sem ha spiegato di ritenere inverosimile che la donna abbia effettuato delle attività missionarie per il cristianesimo in Iran. Perciò ha considerato infondato il suo timore di persecuzione per motivi religiosi. Lo scorso agosto alla donna e ai suoi figli non è stato riconosciuto lo statuto di rifugiati. Secondo la Sem, il fatto che la donna abbia avuto un figlio fuori dal vincolo del matrimonio non costituisce un elemento sufficiente che la renderebbe perseguibile dalle autorità iraniane. Contro questa decisione lo scorso ottobre era stato presentato ricorso al Taf che, come abbiamo appreso, lo ha respinto.
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