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Ex Trecor è ‘fase tre’: un unico stabile

Presentata una terza domanda di costruzione che rivede anche i contenuti e punta sull’amministrativo. Confermato l’investimento da 14,5 milioni

Di Daniela Carugati

Per i chiassesi l’area all’angolo di via Como, a due passi dal piazzale di Brogeda, è ancora riconoscibile come l’ex Trecor. O meglio come il luogo dove per decenni – dal 1929 in poi – si sono fabbricati orologi e si è dato lavoro a tante operaie. Un’epoca tramontata nel 2019, quando la proprietà è andata all’asta. Abbattute le vestigia del vecchio stabilimento e aperto (anche letteralmente) il cantiere del nuovo futuro di quella parte di cittadina, la strada per i promotori si è rivelata più in salita del previsto, tra terreni (inquinati) da bonificare e progetti modificati in corso d’opera. Tre le domande di costruzione presentate dal 2021 a oggi – l’ultima messa in pubblicazione nelle ultime due settimane –, altrettante le proposte, due le licenze edilizie prima staccate e poi accantonate.

Verso una terza variante

Adesso i proprietari – una società, la Seda Sa di Maroggia che vede alla testa Angelo Gilardoni – e i promotori immobiliari della Impregil hanno depositato in Comune l’ultima variante dell’operazione, ora al vaglio del Municipio e dei servizi cantonali. Una soluzione che tiene conto dell’intervento di risanamento e di una precedente censura e che modifica l’approccio architettonico così come, in parte, i contenuti del nuovo complesso, nella loro totalità di carattere amministrativo-commerciale; quindi in linea con la vocazione della zona iscritta a Piano regolatore (Pr). Tramontata ormai l’idea di dare forma a tre torri da convertire in un centro direzionale per start up e abbandonata l’opzione di concentrarsi su due immobili – in cui si ventilava la possibilità che entrasse pure un centro medico –, ora si punta a realizzare un unico stabile, che si innalzerà per sei piani e si distenderà sull’intera superficie edificabile di oltre 3mila metri quadrati. Una costruzione che farà posto essenzialmente a degli uffici. Confermato, rispetto alla seconda versione, l’investimento globale, che resta sui 14 milioni e mezzo.

Delineato il nuovo edificio

Come sarà, però, l’edificio che sorgerà sulle ceneri dell’ex Trecor? A darne una idea sono l’immagine pubblicata sulla copertina della relazione tecnica e le indicazioni che seguono. Il fabbricato di nuova progettazione, si legge nel dossier, si presenterà con una facciata di colore grigio scuro, “scandita dai moduli dei serramenti”, e mostrerà “un basamento vetrato”. L’ingresso pedonale, si anticipa, sarà al piano terra e si aprirà su via Como: a caratterizzarlo vi sarà un portico coperto che dividerà in due lo stabile. Sul lato opposto, verso viale Stoppa, si realizzerà invece l’area di parcheggio e l’accesso alla rampa che conduce all’autorimessa sotterranea. E a proposito di posti auto, si passerà dai 52 del secondo progetto agli attuali 62: ovvero 35 esterni e 27 coperti.

Il complesso, poi, abbatterà le barriere architettoniche – come prevedono le norme in vigore – e cercherà un equilibrio fra costruito e area verde. Spazi di vegetazione che occuperanno il 35 per cento, comprendendo delle alberature lungo il perimetro dei terreni che affacciano su via Como.

Una operazione a più facce

C’è da credere che questa volta i promotori immobiliari incrocino le dita. L’iter dal varo delle intenzioni e dell’iniziativa – a testimoniarlo ancora oggi le ‘modine’ che svettano dal terreno – non è stato, in effetti, privo di ostacoli. Lo riconoscono gli stessi firmatari della domanda di costruzione ripercorrendo le diverse fasi del loro avvicinamento alla realizzazione dei nuovi contenuti dell’area. La prima licenza edilizia – quella legata alle tre torri, per intenderci – risale, infatti, al maggio del 2021. “Tale progetto – si ricorda oggi – si era poi mostrato irrealizzabile in seguito all’esito della perizia geologica che aveva accertato la contaminazione del suolo”.

L’analisi condotta nel sottosuolo aveva avvalorato la presenza di idrocarburi clorurati nel terreno in un appezzamento peraltro già iscritto nel catasto dei siti inquinati. Secondo le notizie storiche, d’altro canto, in quel comparto – a carattere industriale fin dal 1929 – erano stati interrati cinque serbatoi di olio da riscaldamento e due tank da 5mila litri di benzina. A quel punto, si fa memoria, si era richiesto anche un Rapporto d’indagine tecnica geologico e ambientale al fine di dettare “le linee guida per una nuova progettazione, tenendo in considerazione i diversi livelli d’inquinamento nelle varie aree dei mappali”.

Un cantiere definito ‘promettente’

Lo stato dell’arte oltre a imporre una bonifica della zona ha portato a rivedere l’intera opera. Dapprima i promotori avevano rilanciato ridimensionando l’intervento e immaginando due edifici (e non più tre) – variante che aveva peraltro staccato una nuova licenza edilizia nel settembre del 2024 – e oggi si torna sulla scena con un terzo progetto che, sullo stesso spazio, disegna un’unica costruzione amministrativa su sei livelli. L’incarto originario era approdato sul tavolo del Municipio locale in coincidenza con quello del progetto immaginato – e poi concretizzato – all’ex Fernet Branca, all’ingresso sud della cittadina, ed era stato annoverato fra i cantieri promettenti per ridisegnare il profilo di Chiasso.

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2025-10-20T07:00:00.0000000Z

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