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L’artista dei colori che incanta Casa Rea

Le case alte e strette, ravvicinate e coloratissime. La maschera tribale-carnevalesca. Un paesaggio “quasi peruviano”, in cui la cordigliera sovrasta una cittadina sotto un cielo azzurro pallido. Ma anche il nutrito catalogo di opere d’arte astratta, realizzato grazie alla pazienza richiesta per riempire di minuscoli punticini la “tela” ricavata da un pezzo di cartone, una tavola in legno di pioppo o una scatola di biscotti.

La seconda vita di Vittore Pedrotta ruota attorno a una tavolozza, a un bouquet di vividi colori e a quello che lui chiama “il chiodo”, un pennello che invece delle setole ha una punta da intingere nella vernice acrilica. «Amo la materia», dice sorridendo. Ed è un sorriso generoso, perché sa che quell’ennesimo quadro, che sarà terminato entro sera, verrà donato, come tutti i quasi duemila finora realizzati, a un ospite di Casa Rea: qui, nell’istituto per anziani di Minusio, Vittore vive (lavorando) da 5 anni. I colori riversati nei quadri sono il risultato di una vita particolare, fatta di lunghe permanenze e grandi slanci di libertà. La seconda anima sembra quasi un paradosso, se consideriamo la mitezza della persona, il suo sorriso lieve, il candore dei pensieri espressi nella stanza al primo piano che è il suo rifugio artistico. Formatosi alla scuola alberghiera di Losanna e inizialmente impiegato in un hotel a Zurigo, Pedrotta ha presto cambiato mestiere e lo ha fatto per amore, gestendo per anni, con la prima moglie, un negozio di fiori a Solduno, in via Vallemaggia, poi in piazza Sant’Antonio, dove ha regalato colori, profumi e consigli a generazioni di locarnesi.

L’avventura, dicevamo. Che è stata un incontro di grandi passioni. Una, viscerale, è sorprendente: la corrida, con le sue torride arene spagnole. «Madrid, Siviglia, Valencia. Ci andavo spesso, in moto, che è stata la mia altra grande passione. In mezzo alla gente del posto mi godevo ogni singolo istante di quella celebrazione che era il confronto fra toro e torero. Lo scopo di quest’ultimo non è uccidere l’animale, ma fargli compiere delle figure ben precise. L’arte della tauromachia è magica, ne sono profondamente affascinato. Ho visto grandi interpreti ma anche alcune tragedie. Ricordo ancora le note del “paso doble”, che accompagnavano l’arrivo dell’eroe, con il boato del pubblico».

Sono tutte figure astratte, oppure paesaggi, quelli proposti dal chiodo e dalla fantasia di Vittore. Alle pareti, da una parte un album familiare, dall’altra, qualche bell’esempio di creazione artistica. Non fatica a raccontarsi, Vittore, e tratteggiando a matita una bozza del prossimo soggetto sembra quasi stia sognando. «Quando finisco un’opera, automaticamente mi viene in mente un’idea per quella successiva. È stata la mia medicina contro la depressione».

Può senz’altro esserlo, gli sussurriamo salutandolo, anche per chi riceve una delle sue opere in dono.

LOCARNO E VALLI

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2025-03-20T07:00:00.0000000Z

2025-03-20T07:00:00.0000000Z

https://epaper.laregione.ch/article/281668260762014

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