‘Ciak, si gira’ (veloce) Ecco i vertical drama
Terminate nelle settimane scorse le riprese di una web serie pensata per i social. La coproduttrice losonese Nakiya Martinoni: ‘Hollywood? Li teme’
Di Shila Dutly Glavas
Gli attori sono pronti. La telecamera è in posizione. L’intera troupe cinematografica scruta ogni dettaglio della scena con visi concentrati. Il silenzio è assoluto, squarciato solo dal rumore secco del “ciak”. Al grido del regista, “Azione!”, l’ambiente si rianima: i due giovani interpreti si corrono incontro, scambiandosi poche battute in inglese. L’azione viene interrotta dopo circa un minuto. È sufficiente: buona la prima. La scena si svuota e si riempie immediatamente. Questa volta, un’altra coppia di attori esegue le stesse azioni e gli stessi dialoghi, ma si esprime in portoghese.
«La particolarità di questo tipo di web serie sta proprio nell’immediatezza. Gli episodi sono molto brevi; durano circa un minuto. Raccontare in un lasso di tempo così ridotto una storia non è semplice, e la nostra più grande sfida è riuscire a catturare fin dai primi fotogrammi lo spettatore». A dirlo è Nakiya Martinoni, coproduttrice della serie “Don’t choose for me” (in italiano “Non scegliere per me”), girata nelle scorse settimane in Ticino.
Una produzione made in Usa, Brasile e... Ticino
Il nostro cantone si conferma una meta interessante per i professionisti della settima arte. Infatti, dal 21 al 26 novembre scorsi una produzione internazionale è giunta fin qui per girare alcune scene. Fra le varie location scelte vi sono, per il Sopraceneri, il Museo Villa dei Cedri a Bellinzona e l’hotel Giardino Lago di Minusio. Il Ticino, tuttavia, non si limita a fare da sfondo alla serie, ma ne è parte attiva sia davanti che dietro la cinepresa. Il progetto è coprodotto tra Svizzera, Brasile e Stati Uniti, e ad affiancare il regista brasiliano Victor Soares vi è proprio la losonese Martinoni. «Io e il regista ci conosciamo da diverso tempo e in passato avevamo già collaborato nel film “Let Me Go!”, uscito questo ottobre e disponibile in streaming su Prime Video. Abbiamo scelto di venire in Svizzera perché Soares ne è rimasto affascinato. Il nostro Paese rappresenta un luogo di pregio per l’industria cinematografica. Ad attirare le produzioni straniere non sono solo i paesaggi “da cartolina”, ma anche strutture ed edifici, storici e suggestivi, adatti come set per i film». Davanti alle telecamere troviamo altri due ticinesi: Gaia Passaretta e Davide Romeo (coinvolto anche nella produzione).
Un film non convenzionale
“Don’t choose for me” rientra in un genere che in gergo viene definito “vertical drama”. Come suggerisce il nome, queste serie brevi e in formato verticale sono girate e montate per essere consumate direttamente sui nostri smartphone, bypassando il grande schermo del cinema. Stanno spopolando soprattutto in Asia e Sud America dove, da alcuni anni, sono nate diverse piattaforme di streaming (simili a Netflix, per intenderci) che offrono una vasta libreria multimediale. Il progetto possiede i classici ingredienti di una telenovela: la protagonista è una giovane con il cuore diviso fra un latin lover dalle umili origini e un playboy straricco. Fra triangoli amorosi e colpi di scena, a sorprendere non è tanto il contenuto del film, quanto gli elementi che lo compongono. Il primo l’abbiamo svelato (o, se preferite, spoilerato) e riguarda il formato: una serie “verticale”, composta da 60 episodi da un minuto, pensati per essere visti sui nostri cellulari. L’altro elemento fuori dal comune riguarda le riprese, come ci spiega la stessa Martinoni: «Abbiamo deciso di girare le scene due volte, una in inglese e una in portoghese, usando cast diversi. Questo per ragioni di marketing. Gli attori che hanno preso parte al progetto sono conosciuti sui social, ma si rivolgono a bacini differenti. Un influencer brasiliano è seguito soprattutto da un pubblico latinoamericano e meno da quello anglosassone. Stesso ragionamento vale, a parti inverse, per un “content creator” che si esprime in inglese».
Microdrammi all’attenzione dell’industria cinematografica
I “microdrammi” sembrano essere il futuro dell’industria cinematografica. Eppure Hollywood pare non aver sciolto del tutto le riserve. Forse a incidere è la reticenza a voler esplorare nuove frontiere comunicative in un mondo sempre più iperconnesso e con una soglia dell’attenzione ridotta. Oppure, semplicemente, si teme che app come CandyJar, ReelShort, DramaBox e ShortTV possano sottrarre ampie fette di mercato alla Mecca del cinema. «Sì, è vero, a Hollywood c’è chi teme i microdrammi, eppure hanno contribuito a salvare il settore. Dal punto di vista delle produzioni, quando c’è stata la crisi del cinema, hanno permesso di dare lavoro a registi, produttori, attori e macchinisti. Può rappresentare una messa in crisi del modello tradizionale, ma in fin dei conti questo lavoro è fatto di sperimentazione».
Nakiya Martinoni l’America la conosce bene. Infatti, da qualche anno, vive e lavora a Los Angeles. Nel 2023, la losonese aveva concesso a ‘laRegione’ un’intervista in cui si raccontava. Dalla sua camper-casa ci aveva raccontato dei suoi sogni, studi e ambizioni. Cosa è cambiato in due anni? «È cambiato che ho mandato in pensione il camper, che ora è con i miei genitori (ride). A parte questo, terminati gli studi ho potuto prendere parte a diversi cortometraggi e lavorare con tanti registi, anche importanti. Oltre al “vertical drama”, che uscirà fra qualche mese, ho altri progetti che bollono in pentola. Sono molto emozionata a pensare che fra qualche mese partirò per l’Irlanda per girare un film. Non vedo l’ora».
LOCARNO E VALLI
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2025-12-18T08:00:00.0000000Z
2025-12-18T08:00:00.0000000Z
https://epaper.laregione.ch/article/281685441185391
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