Tradizione e creatività si incontrano nel presepe
Il sindaco Lucio Negri e don Davide Santini raccontano questa forma d’arte: un’esperienza collettiva che intreccia tradizioni locali ed ecclesiastiche
Di Carlo Canonica
Il sindaco di Brusino Arsizio, Lucio Negri, racconta la sua passione per questa forma d’arte. Don Davide Santini, invece, spiega alcune particolarità legate alla Natività.
È uno dei simboli per eccellenza del Natale. Le modalità per rappresentare il presepe sono molteplici: c’è chi lo colloca sott’acqua, chi lo allestisce in un angolo discreto della casa e chi lo espone con orgoglio al centro della scena. Queste opere, che evocano la Natività, vengono spesso realizzate con dedizione nei mesi precedenti, soprattutto quando non si tratta di prodotti provenienti da qualche industria lontana, ma di creazioni artigianali. Tra questi esperti presepisti, alle nostre latitudini c’è anche il sindaco di Brusino Arsizio
Lucio Negri, e per comprendere meglio il significato del presepe abbiamo interpellato anche il più giovane prete del Ticino don Davide Santini, originario di Vacallo e collaboratore nelle parrocchie di Losone e Arcegno.
Una passione di famiglia
La passione per questo lavoro certosino, a Negri è stata tramandata da suo padre Flavio: «È una tradizione di famiglia. Mio padre lavorava alla casa anziani di Balerna, dove ogni anno allestiva dei grandi presepi. Mi portava con sé la sera, quando gli ospiti dormivano, e così ho cominciato ad appassionarmi». Da adulto, Negri ha progressivamente affinato le sue abilità con corsi specialistici che gli hanno permesso di creare, sempre insieme a suo padre, la decennale mostra tenutasi alla sala del Torchio di Balerna tra il 2006 e il 2016. In seguito ha realizzato anche un apposito presepe per il museo nazionale svizzero di Zurigo e ha allestito una mostra nel 2021 a Brusino. Attualmente il suo lavoro esposto al pubblico si può ammirare all’interno della chiesa brusinese: «A parte questo, non realizzo più presepi di grandi dimensioni. Ci vuole un lasso di tempo importante per realizzarli, in particolare a questa scala, e con gli impegni di lavoro devo ritagliarmi del tempo durante i fine settimana, per diversi mesi».
Le varietà dei personaggi
La particolarità del presepe è che ci sono elementi che non possono mancare. Come ci spiega don Davide – licenziando all’Istituto di Liturgia Pastorale a Padova –, non esiste presepe «senza Gesù, Maria e San Giuseppe: sono il nucleo fondamentale che rappresenta la Natività. Il presepe ci dà la possibilità di immergerci in quella situazione e prendere parte anche noi a quella scena del Vangelo, al di là delle differenze di spazio e tempo». Oltre alle tre statuine principali,«possono esserci molte altre figure, che variano in base alle tradizioni locali, ma tutte contribuiscono a creare un senso di inclusione e partecipazione. Papa Francesco, in una lettera apostolica del 2019, ha spiegato che ogni statuina, indipendentemente dalla sua storicità, ci aiuta a “esprimere che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura”, e questo si riflette nella varietà di figure rappresentate nel presepe».
Una diversità che si può trovare anche in casa Negri: «Oltre alle figure canoniche, mi piace inserire elementi che riflettano la nostra cultura locale o che aggiungano un tocco personale. Se si gira tra le vie di Brusino Arsizio, ci sono molti scorci che possono ispirare le ambientazioni». Per i personaggi, invece, «soprattutto i miei figli si divertono a inserire protagonisti dei fumetti come Monkey R. Rufy di One Piece, e questo rende il presepe ancora più una creazione collettiva familiare». Oltre alle statuette moderne Negri ricorda che «nella Provenza è abituale inserire anche bestie feroci come coccodrilli, poiché questi animali erano presenti nel Sud della Francia nell’antica Roma».
Festa non solo fino all’Epifania
E infine ecco apparire anche Gaspare, Baldassarre e Melchiorre. Per Negri «inserire la statua del bambinello a mezzanotte, tra il 24 e il 25 dicembre, fa parte della magia del Natale e della tradizione di famiglia. Così come muovere i Re Magi, che in casa facciamo partire da un punto lontano e man mano li avviciniamo al presepe fino a inserirli la mattina del 6 gennaio. Per questioni logistiche, data la loro grandezza, non possiamo muoverli in chiesa. Lì appaiono solo il giorno dell’Epifania, e quindi abbiamo queste bellissime statue che purtroppo si possono vedere solo un giorno all’anno». Infatti, sempre secondo la tradizione, l’Epifania ogni festa porta via, anche se non sarebbe proprio così: «Il giorno della Candelora, la presentazione di Gesù al Tempio, che si celebra il 2 febbraio 40 giorni dopo Natale, è ancora una festa significativa legata alla Natività – sottolinea don Davide –.
Questo giorno si potrebbe definire come la festa che conclude il periodo natalizio, ma alla fine ogni famiglia, o ogni luogo, ha la sua tradizione e monta il presepe con l’inizio dell’Avvento o l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, e lo smonta all’Epifania o talvolta anche a inverno inoltrato. Tutte queste variazioni non sono sbagliate, anche perché allora non c’erano date precise, ma i fedeli vivono secondo queste tappe».
Tradizione lunga 800 anni
Se ora questa rappresentazione è perlopiù statica, la raffigurazione della Natività è un concetto che trova le sue origini nel presepe vivente: «Nel 1223 San Francesco voleva che le persone potessero toccare con mano la scena della Natività, coinvolgendole come parte attiva di quella rappresentazione. La sua idea era di ricreare la situazione che lui stesso aveva visto in un viaggio in Terra Santa, e a Greccio (piccolo comune nel Lazio, ndr) ha trovato un contesto che poteva ben rappresentare quell’ambiente. Oggi, se pensiamo a un presepe vivente, pensiamo a uno spettacolo, ma in realtà è un momento che deve portarci a riflettere sul significato del Natale e farci sentire tutti partecipi a questa festa».
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2024-12-24T08:00:00.0000000Z
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