Abusa della figliastra, in prigione per dodici anni
‘Il danno alla vittima è enorme’, espulso un 56enne
Di Malva Cometta Leon
È stato condannato a una pena detentiva di dodici anni il 56enne che per un decennio ha abusato sessualmente della figliastra (che quando tutto ebbe inizio nel 2014 aveva solo 12 anni). «Il danno causato dal patrigno è enorme. Non per amore, ma esclusivamente per il suo godimento fisico. Senza sosta e con foga mentre sua moglie lavorava. E non ha dimostrato alcun pentimento», ha sentenziato Francesca Verda Chiocchetti, giudice che ha presieduto la Corte delle Assise criminali di Lugano. La procuratrice pubblica Anna
Fumagalli aveva chiesto che l’imputato venisse incarcerato per dieci anni e successivamente espulso dalla Svizzera. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Pascal Frischkopf, si era invece battuto per il totale proscioglimento, nonché per un risarcimento di circa 60mila franchi per i dieci mesi di carcere «ingiustamente» subiti.
L’imputato nega e non batte ciglio
L’uomo ha continuato a negare di averla anche solo sfiorata fintanto che era minorenne, mentre a partire dalla maggiore età, il loro rapporto patrigno-figliastra si sarebbe tramutato in una relazione sentimentale a tutti gli effetti. All’insaputa della madre/moglie. La giudice Verda Chiocchetti lo ha tuttavia condannato per abusi sessuali con fanciulli, coazione sessuale e violenza carnale, così come contenuto nell’atto d’accusa. La vittima, ha indicato la giudice, «un tempo non aveva le parole per descrivere quello che le succedeva. Ma aveva riferito di sentirsi paralizzata, il cosiddetto freezing, ed è una reazione tipica negli abusi su minori». Guardando fermamente l’imputato ha poi aggiunto, «lei, con una frequenza anche giornaliera, ha reso la vita della sua figliastra un inferno, con costrizione e senza nessuna remora». Tanto che durante l’inchiesta e il processo, «l’imputato non ha nemmeno dimostrato di essere colpito da quanto raccontato dalla ragazza. Ci si aspetterebbe una reazione anche nel caso di una non colpevolezza, eppure niente».
La Corte ha inoltre accolto la richiesta di risarcimento della vittima per un valore di 35mila franchi formulata dall’avvocata Letizia Vezzoni. L’uomo è stato inoltre interdetto a vita dall’esercizio di qualsiasi attività con minorenni nonché il divieto di mettersi in contatto con la vittima e avvicinarsi a lei. Nei suoi confronti è stata inoltre ordinata l’espulsione dal territorio elvetico per una durata di dodici anni.
L’imputato ha manipolato la giovane, dicendole che se avesse detto qualcosa alla madre le avrebbe causato solo dolore, e che in ogni caso nessuno le avrebbe creduto «perché era stupida», minacciandola inoltre che se la cosa fosse emersa, le due donne sarebbero dovute tornare in Paraguay. Il controllo dell’uomo si sarebbe poi esteso anche fuori dalla casa, insistendo per accompagnarla ovunque, e allontanando i ragazzi che lei cercava di frequentare. Ed è stata proprio una scenata di gelosia dell’imputato, durante la quale lui ha minacciato il nuovo ragazzo della giovane di bruciargli la macchina, a spingere la vittima a denunciare i fatti. Un «manipolatore diabolico», così lo ha definito la procuratrice pubblica, che voleva la ragazza come «una schiava per soddisfare le proprie pulsioni sessuali». Una tesi che trova riscontro dalla perizia psichiatrica, che identifica nel 56enne un disturbo della personalità di tipo narcisistico. Perizia che però non è piaciuta all’imputato, che nega di essere una persona del genere, come del resto ha negato tutte le accuse. Egli sostiene infatti che la denuncia sia partita «semplicemente perché voleva stare col suo nuovo fidanzato». Sempre in ambito psichiatrico però, alla giovane è stata diagnosticata una sindrome da stress post traumatico.
Tutt’altra versione quella fornita dalla difesa, che ha dipinto l’uomo come un padre che si occupava con amore della figliastra, in contrasto con una madre spesso emotivamente assente. La relazione amorosa sarebbe invece nata da sentimenti sinceri e soprattutto reciproci, dato che dalle chat emergono atteggiamenti di affetto, e talvolta anche di gelosia, anche da parte della giovane. «Non emerge affatto l’immagine di una ragazza sottomessa – aveva detto Frischkopf durante la sua arringa –, ma di una che sa il fatto suo e che esprime i propri sentimenti». Oltre all’indennizzo per la carcerazione, la difesa aveva inoltre richiesto un risarcimento per torto morale pari a 10mila franchi.
LUGANO E DINTORNI
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2024-11-08T08:00:00.0000000Z
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