Ago e filo per ricucire vite e intrecciare legami
L’esperienza di ‘Fili solidali’ fa da punto di incontro nel cuore di una realtà residenziale cittadina. ‘Grazie alla sartoria si intercettano anche le vulnerabilità’
Di Daniela Carugati
Ago e filo disegnano il profilo di una colomba della pace fatta di stoffa colorata. Con altre andrà a decorare un albero pasquale. Le signore che per un sabato mattina si sono sedute attorno al tavolo e davanti alle macchine da cucire dell’atelier DaCapo, lì al numero 21 di via Borromini, a Mendrisio, hanno tutta l’intenzione di portare a termine la loro ‘missione’. Ciascuna lo fa come può. C’è chi ha già dimestichezza con il cucito – lo si vede dall’agilità con cui muove le mani –, e chi abitualmente lo frequenta poco, dichiarandolo in tutta onestà. Ma non è questo il punto. E non è neppure il fine del progetto ‘Fili solidali’ a cui Fiammetta Semini, operatrice di pratica professionale del Servizio lavoro sociale comunitario della Fondazione Pro Senectute Ticino e Moesano, e Serena Barberis Bindella, cittadina attiva e coideatrice, hanno dato vita negli ultimi quattro anni qui nel Mendrisiotto, emanazione proprio di DaCapo. Ciò che conta per loro, come per le donne che ne sposano l’afflato, è riuscire a rammendare gli strappi della vita, a intrecciare storie e amicizie: «Come dice il nome, vogliamo creare dei legami, con spontaneità». Ad accomunare tutte, promotrici e partecipanti, vi è, del resto, la realizzazione di accessori sartoriali destinati a essere venduti a scopi benefici (all’atelier o all’osteria sociale BarAtto a Morbio Inferiore). Qui, insomma, si cuce per solidarietà. E a volte, come l’ultimo sabato, per fissare su un pezzo di tessuto un messaggio, contro il razzismo e per la fratellanza. «Volevamo realizzare qualcosa di simbolico in occasione della Settimana contro il razzismo», ci dice Serena. E l’idea è stata subito accolta di buon grado dalle cucitrici, che di buona lena decorano i rami sistemati con cura nel vaso al centro della tavolata. All’evento stavolta ha aderito un gruppetto, ma in media all’atelier si ritrovano anche in una quindicina. «Le persone che prendono parte ai nostri workshop – ci spiega ancora Serena – condividono i nostri valori e gli intenti dell’iniziativa, abbracciando diverse generazioni, in modo trasversale. Ci sono papà con i bambini, nonni, persone che conoscono l’arte del cucito e chi vi si avvicina per la prima volta. La cosa positiva è che ogni sforzo dà un risultato, che è bello di per sé, con tutte le sue peculiarità. Giusto o sbagliato non hanno cittadinanza da noi».
È un’esperienza di comunità
Il solo fatto di raccogliere abiti usati e trasformarli in qualcosa di diverso e nuovo, regalando una seconda vita, la dice lunga sullo spirito che anima gli spazi di via Borromini, nel cuore di un quartiere residenziale. E non è un caso che da circa un anno DaCapo da Morbio Inferiore si sia spostato lì, all’interno di un contesto che a prima vista potrebbe apparire un po’ anonimo. Anche in questo caso il progetto del Servizio lavoro sociale comunitario della Fondazione Pro Senectute Ticino e Moesano si è intrecciato con una esigenza espressa dalla stessa proprietà del complesso abitativo. «I locali sono stati concessi a titolo gratuito da Alloggi Ticino – ci spiega Carmine Miceli, responsabile del Servizio di Pro Senectute –: hanno visto nella nostra proposta un valore per l’intero comparto. In effetti, uno degli aspetti che la proprietà rilevava in quella zona è la dimensione un po’ frammentata della popolazione che abita negli stabili. Questi progetti – l’atelier DaCapo, aperto tutti i giorni, come la Portineria RiTrovo, a pochi metri, ndr – sono così stati percepiti come una esperienza utile alla comunità per riallacciare questa dimensione di coesione. Cosa che di fatto è avvenuta, grazie anche alla sensibilità della proprietà. I contenuti che si ritrovano in questi spazi, infatti, hanno sempre come finalità quella di far incontrare le persone». L’atelier, del resto, non solo apre le porte alla cittadinanza tra un’impuntura e uno zig zag, ma promuove altresì misure di attività di utilità pubblica a favore di persone beneficiarie di prestazioni assistenziali.
Voci e intrecci
Poi a fare il resto è l’alchimia che nasce tra i partecipanti alle attività. Isabella non alza lo sguardo dal suo lavoro. In ogni caso sembra proprio trovarsi a suo agio tra rotoli di filo e scampoli di tessuto. «In realtà – ci racconta –, questa per me è la prima volta a ‘Fili solidali’. Mi hanno invitato e sono venuta. Ma mi piace cucire e mi piace la manualità». Anche Laura coltiva la passione per il cucito e all’atelier si ritaglia un momento per sé («con due bimbi piccoli...»). Per Paola, invece, è stata una scelta ben precisa quella di prendere parte al workshop legato alla Settimana contro il razzismo promossa dalla Città di Mendrisio e intitolata ‘Non solo parole’. «Sono venuta – tiene a ribadire – proprio per l’intuizione degli intrecci solidali. Penso che per la Settimana contro il razzismo questa idea dei ‘Fili solidali’ sia bella e importante. Significa intrecciare anche le relazioni. Insomma, questo progetto mi ha intrigato e sono venuta a curiosare. E lo ritengo davvero un bell’esperimento». Paola ci richiama alla memoria un’altra esperienza, di una dozzina di anni fa, quella con il Cucicuci, un progetto nato a Chiasso sulla spinta di ‘Culture in movimento’ e con il sostegno del Fondo lotta al razzismo per andare in aiuto delle donne migranti. «Proprio l’ago e il filo che cuciono – ci fa notare Paola –, riportano alla mente l’idea del rammendo e della relazione: spero allora che questo atelier abbia successo».
Un antidoto alla solitudine
Pro Senectute, al pari della Città di Mendrisio, ha ben chiari i suoi obiettivi. «Ciò a cui aspiriamo – rimarca Carmine Miceli – è creare vicinanza, coesione, limitare il rischio di isolamento e solitudine per tutte le fasce di età, anche se storicamente sappiamo che ci rivolgiamo agli anziani. Un impegno che portiamo avanti con il sostegno della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie, per il tramite dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento e dell’Ufficio anziani e cure a domicilio, che sono i nostri finanziatori. Allearsi, infatti, è importante: Città, Fondazione e Cantone insieme sono riusciti a trovare la formula magica che ha permesso in tempi rapidissimi di sviluppare dei progetti come le Portinerie di quartiere, ma non solo. Un esempio che merita di essere riproposto in altri contesti». E qui Mendrisio ha fatto un po’ da apripista. «Non a caso la sua esperienza – conferma Miceli – ha suscitato interesse a livello urbano e periferico in Ticino. Anche perché la dimensione dell’informalità, della prossimità si mette nel mezzo tra la cittadinanza e le proposte istituzionali classiche, rivelandosi complementare a ciò che Comuni e Cantone propongono».
Focus sulla prevenzione
Per la Città, in effetti, la rotta è tracciata. «Da parte nostra – ci illustra Tiziana Madella, direttrice Socialità e pari opportunità –, stiamo cercando di dare maggiore visibilità alle cosiddette minoranze, ai diritti delle persone e lo facciamo attraverso le Portinerie, che diventano dei luoghi dove poter sviluppare il tema delle pari opportunità, dei diritti, molto caro a Mendrisio. La casistica che arriva ai servizi è sempre più complessa così come la mole è importante: tutti elementi che ci hanno spinto a introdurre un altro paradigma nella risposta ai bisogni. Le persone non le raggiungi più solo con i servizi istituzionali. E il nostro focus è quello di riuscire a intercettare prima le vulnerabilità date dalla frammentazione dei legami, le rotture familiari, le difficoltà di inserimento lavorativo». E mentre si rammenda o si fa una tavolata, fa capire Miceli, «si possono incrociare situazioni anche di grande sofferenza».
MENDRISIOTTO
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2025-03-27T07:00:00.0000000Z
2025-03-27T07:00:00.0000000Z
https://epaper.laregione.ch/article/281792814827989
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