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Palazzo dei Congressi: l’uso politico di un anniversario

Di Danilo Baratti, capogruppo Verdi Lugano

Ho seguito giorni fa la conferenza stampa in cui si è presentato il volume delle ‘Pagine storiche luganesi’ pubblicato per il cinquantesimo del Palazzo dei Congressi di Lugano, inaugurato il 6 dicembre del 1975. Com’era prevedibile non è mancato un uso politico (...)

(...) delle celebrazioni. Il vicesindaco Roberto Badaracco ha sottolineato che il Palacongressi in questi decenni ha avuto un ruolo centrale nella vita economica, turistica e culturale della città, anche se all’epoca erano state molte le voci critiche in merito alla sua ubicazione, voci sconfessate dalla votazione popolare del 1962 e poi dalla Storia (forse non ha usato questa espressione, ma la sostanza è quella). Analogamente, ha detto, si alzano oggi voci critiche sul progetto di Polo congressuale al Campo Marzio. Ed eccoci alla conclusione del ragionamento: come allora era necessario il Palazzo dei Congressi, è ora più che necessario, per i prossimi 50 anni, proprio lì, un nuovo centro congressuale, e come i critici sono stati smentiti allora, lo saranno anche domani. Facile, no? Ma è un doppio paralogismo. Tanto per cominciare i contrari di allora, per quanto sconfitti alle urne, non erano un manipolo di ottusi sbandati. Qualche nome: Graziano Papa, Francesco Chiesa, Mario Agliati, Mario Campi, Tita Carloni, Augusto Jäggli, Aurelio Galfetti, Augusto Guidini j., Flora Ruchat, Rino Tami. Si potrà dire che i primi tre non sono architetti, ma qui c’è buona parte del fior fiore dell’architettura ticinese. È vero che altre figure di rilievo, come Alberto Camenzind o Dolf Schnebli, erano di altro parere, ma il fatto che la struttura, una volta edificata lì, abbia assolto dignitosamente le funzioni per cui era stata pensata, non implica necessariamente che le opinioni contrarie a quell’ubicazione fossero campate in aria, né che quello fosse il luogo ideale. Semplicemente si usa quel che c’è e dov’è.

Il secondo paralogismo sta nell’accostamento automatico tra ieri e oggi: la realtà ha contraddetto i critici di allora (premessa falsa) e quindi è condannato a priori chi oggi osa esporre dubbi sulla via del “progresso” tracciata dall’Esecutivo, chi manifesta idee diverse sul futuro del Campo Marzio: la Storia ha già detto, per analogia, che stanno dalla parte del torto. E intanto, come ha detto Badaracco in altra recente occasione, «perdiamo dei treni importanti… sarebbe un peccato mortale imperdonabile». L’immagine del treno da prendere è rilevata anche nella pubblicazione: il dibattito «oggi si ripete in un contesto economicamente diverso da quello di inizio anni Sessanta, anche se con una frase ricorrente a ottant’anni di distanza: ‘Rischiamo di perdere il treno’. Forse però si tratta solo di prendere il treno giusto, ma se la direzione sarà corretta lo scopriremo solo nel prossimo futuro» (p. 99).

Il contesto non è diverso solo economicamente, siamo anche alle prese con un vistoso cambiamento climatico e di conseguenza si comincia a guardare con altri occhi alla pianificazione urbana e a tante altre cose, e ciò in un quadro reso sempre più incerto da vari fattori. Magari chi vedrebbe meglio in quel comparto una grande area verde non sta necessariamente dando i numeri. Come nel brano appena citato sopra, lasciamo almeno aperta la via del dubbio in merito alla bontà della direzione.

Intanto il vetusto Palacongressi, si legge nell’introduzione, «è ancora oggi cuore pulsante della città», dopo «mezzo secolo di congressi, eventi e manifestazioni». E non solo eventi da misurare in termini di impatto turistico e indotto economico. Si è infatti evidenziata, giustamente, anche la sua funzione di centro civico. Tornando all’anno dell’inaugurazione, mi piace sottolineare in questo senso un evento che ricordo e che non è sfuggito a chi ha ripercorso nel volume 50 anni di spettacoli.

Già mesi prima dell’inaugurazione ufficiale si erano tenute lì varie attività e la più sorprendente, anche per la sua natura ‘antisistemica’, è stata quella organizzata l’8 marzo dal Movimento femminista ticinese: un raduno di sei ore che ha coinvolto più di mille persone con film, dibattiti, canzoni, una mostra, una scena teatrale. La cosa era già stata segnalata in precedenza in un paio di saggi storici, e qui la si cita come esempio della «vocazione ‘sociale’ del Palacongressi» (p. 74).

Quel giorno accompagnavo alla chitarra il gruppo di amiche che cantava canzoni femministe e ho partecipato al bozzetto teatrale del Teatro Informazione (la parodia di una sfilata di moda, dove a sfilare erano per una volta “uomini oggetto”). Mi piacerebbe poter dire che abbiamo inaugurato il Palazzo dei Congressi. Ma in realtà già a fine gennaio le Volontarie vincenziane vi avevano organizzato la loro frequentata tombola annuale: il primato spetta a loro. Si può almeno concludere che sono state le donne – prima le soccorrevoli seguaci di Vincenzo de Paoli e poi le ardite femministe – a organizzare le prime attività, entrambe all’insegna di un impegno disinteressato, dentro il freschissimo Palacongressi.

LUGANESE / MENDRISIOTTO

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2025-12-16T08:00:00.0000000Z

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https://epaper.laregione.ch/article/281831470068925

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