Da rockstar ad assassino, storia di un intoccabile
Grazie a una miniserie, la procura di Bordeaux riapre il caso Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir che nel 2003 picchiò a morte l’attrice Marie Trintignant
di Beppe Donadio
‘Le vent nous portera’, pubblicata nel 2001, è il successo più grande dei francesi Noir Désir. Leader della band, autore del testo, è Bertrand Cantat, un poeta alternativo quanto il rock (alternative) di cui i Noir Désir sono stati caposcuola in patria. Il loro impegno sociale è grande, le prese di posizione anche: quella contro la stessa etichetta che li produce, la Universal, cantata in una specie di ‘Milano e Vincenzo’ francese; quella contro il Front National di Jean-Marie Le Pen, e quella contro la cosiddetta “mondializzazione capitalista”. I Noir Désir sono un detonatore avente come pulsante Cantat, bello e dannato.
Nel luglio del 2003 Marie Trintignant, figlia del grande Jean-Louis, è in Lituania a girare un film per la tv. Durante le riprese del film precedente, ‘Janis & John’, commedia nera diretta dall’ex marito Samuel Benchetrit, l’attrice aveva sentito il bisogno di perfezionare il suo ruolo di finta Janis Joplin guardando i Noir Désir dal vivo. Nel backstage del concerto, fra Trintignant e Cantat è colpo di fulmine: per Marie il cantante lascia la moglie, Krisztina Rády, traduttrice di origini ungheresi incinta di lui.
“Fu un po’ come quando Johnny Depp si mise con Vanessa Paradis’, racconta la cantante Lio di quell’unione. La ex teenager che nei primi anni 80 fece innamorare mezza Europa cantando ‘Amoureux solitaires’ è tra le voci e i volti di ‘Da rockstar ad assassino: il caso Cantat’, miniserie Netflix che ricostruisce un caso di cronaca nera tornato d’attualità.
‘Basta un’aspirina’
Nel luglio del 2003, in Lituania per le riprese del film c’è anche Bertrand Cantat. In una camera d’albergo di Vilnius, nella notte tra il 26 e il 27 luglio, tra lui e Marie Trintignant scoppia una discussione: il mattino dopo l’attrice viene portata all’ospedale della capitale lituana in stato di coma profondo. Interrogato dalla polizia locale, Cantat ammette l’alterco e fornisce, infastidito, una prima versione dell’accaduto (cadendo, Marie avrebbe battuto la testa contro un termosifone); poco più tardi, messo di fronte agli esiti dell’autopsia, dovrà spiegare ciò che agli occhi del medico legale non è il risultato di un incidente, bensì di un furioso pestaggio: 19 colpi inferti “di cui quattro in faccia, dati a pugni chiusi” (dal referto), da cui la frattura del setto nasale, le lesioni interne, il distacco di entrambi i nervi ottici e un edema cerebrale. C’è di più: Cantat in lacrime racconta che dopo la lite aveva fatto stendere Marie sul letto; alle 4.30 del mattino si era convinto a chiedere aiuto al fratello della donna, Vincent, il quale dichiarerà poi che Cantat l’avrebbe dissuaso dal chiamare i soccorsi perché alla sorella “sarebbe bastata un’aspirina”.
Marie Trintignant muore il primo agosto 2003 in Francia, dov’era stata trasportata per un intervento. A Vilnius Cantat rischia quindici anni ma l’accusa non trova traccia di altre sue condotte violente verso una donna. La linea difensiva di Cantat è da subito quella che (in sintesi) “nemmeno lei era tanto a posto” e la Francia ci mette un attimo ad addossare a Marie – rea per l’opinione pubblica di avere avuto quattro figli da tre compagni differenti, rea per Cantat di intrattenere un rapporto non chiaro con l’ex, Benchetrit – parte delle colpe per il trovarsi sepolta nel cimitero del Père-Lachaise a Parigi. È un attimo anche per il carismatico Cantat finire nel girone (farlocco) di chi avrebbe ucciso ‘per troppo amore’ invece che in quello dei colpevoli di femminicidio. I suoi legali spingono per il delitto passionale, quelli di Trintignant confidano nella deposizione dell’ex moglie di Bertrand: “Non è mai stato violento con me”, risponde Krisztina Rády ai giudici. E gli anni di detenzione da quindici scendono a otto.
Trasferito (per convenzione europea) in un carcere francese, nel 2007 Cantat ottiene la libertà condizionale perché da recluso aveva fatto il bravo. Decisiva è ancora l’ex moglie, che se lo prende temporaneamente in casa. Tre anni più tardi, Krisztina Rády s’impicca al piano di sopra della sua abitazione mentre il cantante dorme a quello di sotto (“Quando le sue donne muoiono, lui dorme sempre”, commenta il legale della famiglia Trintignant nel film). È il figlio di 12 anni a trovare la madre senza vita. Si scoprirà poi che tempo prima la donna aveva affidato alla segreteria telefonica dei genitori tutte le sue paure. Nuovamente comprensivi verso il cantante, i media titolano: “Un’altra tragedia per Bertrand Cantat”.
Nel 2010 i Noir Désir si sciolgono. Per dissidi interni, si dice in tv, o per l’aria pesante, dice la discografia. Tre anni dopo, l’ex frontman dei Noir Désir torna sul palco come frontman dei neocostituiti Détroit.
‘Il resto sono affari suoi’
Nel 2003 non c’erano i social, semmai i blog, e chi si stupisce di quel che l’idolatria possa produrre oggi è solo perché non tutto di quel che produceva un tempo era pubblico. Cose come “amo i suoi testi, il resto sono affari suoi”, frase che tanto ricorda “la sua vita privata non ci riguarda, siamo un’etichetta discografica”, parole di Universal France chiamata a dire la sua nel film. Universal che, durante la detenzione, al proprio artista aveva pure rinnovato il contratto. Nell’ottobre del 2017, mentre la rivista musicale più importante di Francia celebra una volta di più Cantat senza mai nominare o fargli nominare Marie o Krisztina, negli Stati Uniti esplode il caso Weinstein e la Francia pare disposta ad ascoltare dai media una narrazione diversa da quella del Cantat poeta maledetto e sfortunato in amore.
Per quegli audio in segreteria, la procura di Bordeaux aveva riaperto le indagini su Bertrand Cantat già nel 2013, ma tutto finì in un non luogo a procedere. I nuovi dettagli contenuti nel documentario hanno portato la stessa procura a riaprire l’inchiesta per “eventuali fatti di violenze dolose” attribuibili al cantante prima della morte di Krisztina Rády. È notizia del 24 luglio e pare una vittoria: per la giornalista Anne-Sophie Jahn, che ha rotto l’omertà della Bordeaux musicale, per la famiglia Rády, forse anche per i Trintignant e per chi è convinto che ogni tanto Netflix faccia qualcosa di buono.
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