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A Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie

Debutto cinematografico in chiaroscuro per il regista lirico Damiano Michieletto con ‘Primavera’, film sulle musiciste orfane nella Venezia del Settecento

Di Ivo Silvestro

Il nome della professione, “regista”, è lo stesso, ma c’è una bella differenza tra dirigere uno spettacolo teatrale o un’opera lirica e dirigere un film. Un film di finzione come ‘Primavera’, diretto da un grande regista lirico come Damiano Michieletto, si presenta quindi al contempo come promessa e come minaccia: promessa di amare la musica, minaccia di ignorare o trascurare il cinema. ‘Primavera’, coraggiosamente nelle sale a Natale sfidando kolossal e cinepanettoni nostrani e d’importazione, si conferma entrambe. Tuttavia il problema, cinematograficamente parlando, non è tanto la regia di Michieletto quanto la sceneggiatura di Ludovica Rampoldi. Si esce dalla sala affascinati dalla Venezia del Settecento e con una gran voglia di ascoltare una buona registrazione dell’oratorio ‘Juditha Triumphans’ di Antonio Vivaldi — consigliamo, su indicazione di Giuseppe Clericetti, la registrazione del 2007 di Barocchisti e Coro RSI diretti da Diego Fasolis — ma annoiati da una storia che si perde e da personaggi piatti e poco convincenti. Tanto che, con diverso riferimento musicale, viene da canticchiare “a Vivaldi [preferisco] l’uva passa che mi dà più calorie”.

Vivere di virtù

Partendo dal romanzo ‘Stabat Mater’ di Tiziano Scarpa, vincitore del Premio Strega 2009, Michieletto ci porta nella Venezia di inizio Settecento, splendidamente resa su schermo grazie ai costumi di Maria Rita Barbera e Gaia Calderone, alla scenografia di Gaspare De Pascali e alla fotografia di Daria D’Antonio. Siamo all’Ospedale della Pietà che è, al contempo, il più grande orfanotrofio della città e un’importante scuola per musiciste: le orfane più dotate vengono infatti avviate allo studio della musica e si esibiscono dietro una grata o col volto nascosto da maschere. La loro virtù — quella musicale e quella sessuale della castità — è fonte di reddito per l’istituzione attraverso concerti e, soprattutto, matrimoni combinati. Le cose tuttavia non vanno benissimo, il prestigio musicale dell’Ospedale di Pietà è in calo e si rende necessario cercare un nuovo maestro e compositore. Viene scelto il talentuoso ma sfortunato “Don Antonio”: è il convincente Vivaldi di Michele Riondino la cui musica ristabilisce la reputazione, e i conti, dell’Ospedale della Pietà. Appena arrivato Vivaldi riconosce il talento della giovane Cecilia (la brava Tecla Insolia), violinista la cui passione per la musica si unisce al desiderio di incontrare la madre che l’ha abbandonata all’orfanotrofio lasciandole solo, come segno di riconoscimento e speranza di ricongiungimento, il frammento di un’anonima immagine di una rosa dei venti. È a questa misteriosa madre che, di notte, la ragazza scrive lettere, cullandosi nell’illusione che quella donna senza nome torni a reclamarla. Cecilia vorrebbe continuare a dedicarsi alla musica ma è promessa in sposa a un nobile (uno Stefano Accorsi non del tutto a suo agio nella parte) appena Venezia trionferà nella guerra con i turchi, una vittoria che sarà celebrata con una composizione di Vivaldi, il già ricordato ‘Juditha Triumphans’. ‘Primavera’ tocca temi interessanti e attuali: l’arte come strumento di emancipazione, la violenza istituzionalizzata contro le donne, il talento femminile costretto all’invisibilità. Ma tutto rimane in superficie. Il rapporto tra Cecilia e Vivaldi, che dovrebbe essere il motore del racconto, non prende mai velocità, il destino delle virtuose orfane viene praticamente caricaturizzato. In ‘Primavera’ gli eventi si susseguono placidi, si sprecano un paio di colpi di scena e una rilettura della vittoria di Giuditta su Oloferne, arrivando stancamente a un finale prevedibile e inconcludente. Michieletto si dimostra un bravo regista anche al cinema, curiosamente più nelle scene non musicali che durante i concerti. Ma la sua regia non basta a salvare un film che avrebbe meritato maggiore cura nella sceneggiatura e nel montaggio. I limiti di ‘Primavera’ risultano evidenti se facciamo il confronto con un’opera analoga per temi e ambientazione: il recente ‘Gloria!’ di Margherita Vicario, sempre incentrato su un orfanotrofio musicale veneziano. Certo i due film hanno stili e ambizioni molto diverse, ma ‘Gloria!’ riesce a raggiungere il pubblico con quell’energia che, in ‘Primavera’, purtroppo si perde.

Cosa funziona: la Venezia di inizio Settecento e Vivaldi.

Cosa non funziona: la sceneggiatura indecisa e i personaggi poco definiti.

Perché vederlo: perché si ama Vivaldi e i film in costume.

Perché non vederlo: perché è piaciuto ‘Gloria!’ di Margherita Vicario.

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2025-12-24T08:00:00.0000000Z

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