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Dialoghi intorno al lessico della modernità

A Lugano appuntamento con la seconda conferenza ‘Dirlo con le parole’ incentrata su linguaggi ampi e società. Ne parliamo con Elena Nuzzo

Di Cristina Pinho

Esistono parole-mondo cariche di connotazioni che raccontano aspetti emblematici della realtà contemporanea e che se adeguatamente esplorate sono utili a interpretare fenomeni sociali, diritti, libertà, dinamiche politiche, condizioni imposte, e a influire su di essi. Si tratta di termini come Comunità, Confini, Corpo, Identità, Marginalità che l’incontro dal titolo “Dirlo con le parole. Lessico della modernità, linguaggi ampi e società” – in programma martedì 26 agosto a Lugano presso la Darsena del Parco Ciani alle 18.00, nel quadro della rassegna Chilometro Zero – si propone proprio di scandagliare, per trasformare la dimensione angusta che portano con sé in opportunità di riflessione ed emancipazione.

Sanare delle fratture che rischiano di essere sempre più irreparabili

Ad animare il dibattito – moderato dal direttore delle Biblioteche cantonali Stefano Vassere – saranno Denise Carniel, attivista per le persone con disabilità e consigliera comunale; Flavia Petrimpol e Agnese Scarito, cofondatrici di Officina Digitale, un’agenzia di comunicazione sostenibile rivolta alle aziende; Elisabeth Sassi, giornalista culturale; ed Elena Nuzzo, consulente in comunicazione paritaria, che ci spiega: «Questi concetti-mondo sono ampiamente utilizzati da chiunque di noi, ma spesso senza coglierne appieno la portata. L’idea è che se andiamo ad approfondirli si possano sviluppare dei ragionamenti in grado di servire alla società per sanare delle fratture che altrimenti rischiano di essere sempre più irreparabili». Concretamente, durante l’incontro – di cui una prima versione è già stata proposta a Locarno lo scorso 8 agosto – a ognuna delle persone relatrici verranno assegnate due parole-mondo su cui lanciare una riflessione a partire da una personale prospettiva legata ai rispettivi background, ambiti lavorativi, di impegno o attivismo e avviare un dialogo. «Il mio punto di vista – dice Nuzzo, che ha come griglia di lettura le disparità e la violenza fondata sul genere – è per certi versi sicuramente diverso rispetto a quello di una persona attiva in ambito aziendale, artistico o della disabilità».

Cambiare il modo di porsi di fronte a certe preclusioni

Per esplicitare il procedimento proposto, Nuzzo prende ad esempio la parola “barriere”. «Nella società di oggi ci confrontiamo sempre più spesso con delle barriere di vario tipo: culturali, mentali, comunicative, generazionali. Ma una barriera, oltre che un limite, può anche rappresentare un’opportunità. L’opportunità di riflettere sul perché esiste, chi l’ha voluta e cosa possiamo fare per aggirarla o smontarla e riassemblarla diversamente, invece di fermarci a uno scontro che non porta da nessuna parte». L’intento insomma è quello di cambiare il modo di porsi di fronte a certe preclusioni e di passare da una posizione di passività a una di apertura al dialogo.

Questa possibilità di riposizionarsi applicata al concetto delle barriere è stata illustrata dalla nostra interlocutrice durante la conferenza tenutasi a Locarno attraverso il ‘Lego Serious Play’ – una metodologia di facilitazione solitamente utilizzata nei workshop per risolvere problemi, sviluppare strategie, migliorare la comunicazione e fare gruppo attraverso l’impiego dei famosi mattoncini colorati – che ha mostrato in modo visuale come un muretto possa essere smontato e ricostruito in tutt’altro modo. «È una questione di approccio – afferma Nuzzo –. Considerare che dall’altra parte ci sono comunque delle persone con cui possiamo interloquire permette di superare questi ostacoli che altrimenti ci isolano a livello individuale e sociale».

Abbracciare la pluralità delle esistenze e riconoscerne la piena legittimità

L’incontro si prefigge dunque di far emergere come il “linguaggio ampio” sia in grado di portare a una visione a 360 gradi capace di abbracciare la complessità e la diversità dei variegati modi di esistere al mondo e provare a capire come far sì che venga riconosciuta loro piena legittimità. Si tratta di un momento per riflettere insieme sul potere trasformativo delle parole e che permette al pubblico di entrare in contatto con chi determinate realtà, che sono ancora troppo spesso nell’ombra, le abita nel quotidiano e cerca di dar loro voce.

La proposta di organizzare queste conferenze, specifica Nuzzo, «trae origine dal fatto che lo scorso anno al Locarno Festival se n’era tenuta una su temi simili e inerenti alla parità e alla visibilità di genere nella comunicazione, che presentava un panel di soli uomini». Tale impostazione, che aveva sollevato non poche perplessità, ha spinto a proporre questi due incontri con ospiti «non uomini – dice Nuzzo che da parte sua rappresenta le persone queer che non si riconoscono in un sistema binario – al fine di sottolineare che ignorare la pluralità dei punti di vista portati dalle differenti identità nella società di oggi non è più accettabile. Non possiamo continuare ad ancorarci a una visione solo cis-etero-maschile che porta avanti anche un’impostazione di rapporti di forza e di visione del mondo imbrigliata a una mentalità obsoleta che implica una serie di discriminazioni e che è imperativamente ora di ampliare e completare per rappresentare la pluralità delle esistenze».

Riequilibrare i rapporti di forza anche grazie alla comunicazione paritaria

L’impegno di Nuzzo per una società più inclusiva si concretizza anche nel suo lavoro di consulente in comunicazione paritaria. Si tratta di un tipo di comunicazione che cerca di garantire uno spazio e una visibilità equa a tutte le persone, indipendentemente dal loro genere, ad esempio superando il maschile sovraesteso, ovvero l’uso del genere maschile per riferirsi a gruppi misti o a tutti gli esseri umani. «Sebbene da molte persone venga ancora considerato neutro, non lo è affatto», afferma Nuzzo, sottolineando che «il suo uso contribuisce a rendere invisibili le donne e le persone non binarie e a perpetuare disparità strutturali. Utilizzare una comunicazione che dà spazio e visibilità solo al maschile ha un impatto anche in termini di potere e di mantenimento degli stereotipi di genere».

Lavorare sulla comunicazione paritaria significa quindi fornire strumenti pratici per riequilibrare i rapporti di forza e la visibilità delle persone attraverso il linguaggio. «È possibile pure in italiano e nel rispetto della sua grammatica trovare alternative che non escludano o marginalizzino», conclude Nuzzo. Essere consapevoli anche di queste dinamiche aiuta a smontare i mattoncini dei nostri muri mentali per costruire dei ponti verso una società più accessibile, equa e accogliente.

CULTURE E SOCIETÀ

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2025-08-23T07:00:00.0000000Z

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