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Panahi da Palma d’Oro, lezione di storia e cinema

‘Un simple accident’ è una delle opere più dure del regista iraniano. Delude Martone, il film su Goliarda Sapienza non rende giustizia alla scrittrice

dall’inviato Ugo Brusaporco

È tornato il sole sulla Croisette sempre affollata, mentre sono sempre più frequenti i cartelli di hotel e appartamenti liberi. Il Mercato ha chiuso, con forti numeri di crescita, il mondo ha bisogno di film e qui si contano a migliaia, che andranno nelle poche sale e sulle tante piattaforme. Molti continueranno la loro presenza nei Festival di tutto il mondo.

Uno di questi è sicuramente ‘Un simple accident’ di Jafar Panahi. Visto in Competizione, il film dell’iraniano si è sicuramente messo in lista per la Palma d’Oro. Si tratta di una delle opere più dure di Panahi, un film sulla violenza, sul terrore, sulla vendetta che diventa impraticabile se illuminata dal sorriso della ragione e da quella pietas che è condizione indispensabile di umanità. Il film inizia nella notte, su una strada sconnessa un uomo guida sicuro la sua macchina, sorridendo alla sua bambina sui sedili posteriori, e mangiucchiando qualcosa con la moglie al suo fianco; finché investe un cane apparso nel buio. Pochi chilometri dopo l’auto ha un guasto, e si ferma di fronte a un laboratorio. Qui un uomo sistema un po’ il danno, ma il proprietario del posto, vedendo il guidatore, trasale: di fronte a lui vede il terrore dei prigionieri politici, l’uomo che gli ha distrutto la vita, ha ucciso la sua fidanzata e lo ha torturato fino a danneggiargli i reni. Con il suo van lo segue all’officina dove l’auto è stata trainata, poi lo rapisce, lo porta in un deserto e prova a seppellirlo vivo. Ma non è un assassino, e ha il dubbio di essersi sbagliato. Si rivolge allora a un vecchio amico per avere una conferma, ma lui nemmeno vuole guardare il prigioniero; lo invia da una fotografa, che sta facendo un servizio su due sposi; questa prima si rifiuta, poi vuole vedere l’uomo e nemmeno lei può giurare che sia il criminale. La sposa si lascia coinvolgere: era stata stuprata e in ogni modo violata e picchiata dall’uomo, il suo sposo non lo sapeva, ma comprende il peso che lei porta; si aggiunge un altro uomo, anch’egli vittima del criminale, che riconosce. Ma si tratta di uomini e donne che hanno dedicato la vita alla ricerca di un mondo libero, e non sanno ammazzare...

‘Un simple accident’ è un film magnifico, è una denuncia aperta contro la violenza del potere, ma anche una lezione morale di civiltà. È la dimostrazione che esiste un mondo che si è reso conto che la legge del taglione condanna l’umanità a un incivile morire. Panahi dà lezione di storia e cinema.

Un criminale

Ancora sulla storia si avventa fuori Concorso ‘Das verschwinden des Josef Mengele’ (La sparizione di Josef Mengele) di Kirill Serebrennikov, con un bravo August Diehl nella parte del criminale nazista. Il film è un adattamento di ‘La Disparition de Josef Mengele’ scritto da Olivier Guez, che si è interessato agli anni di fuga del medico nazista Josef Mengele, che trovò rifugio in Sud America alla fine della Seconda guerra mondiale. L’originalità del racconto è che è interamente narrato dal punto di vista del fuggitivo, circondato da nazisti locali che lo venerano. Ricordiamo che Josef Mengele è tristemente famoso per gli esperimenti condotti sui deportati nel ruolo di medico ufficiale del campo di Auschwitz.

Il film mostra parte della sua felice latitanza, la vita normale, i ricordi altri dai campi di sterminio. Il disertore dalla Germania del dopoguerra non cerca giustificazioni quando parla di quei tempi, anzi, rivendica il senso del suo macabro operare: far soffrire, morire. Mengele è rimasto latitante fino alla sua morte, avvenuta in Brasile nel 1979, senza mai essere stato processato per i suoi crimini. Kirill Serebrennikov lo racconta con fredda distanza quasi a processarlo postumo.

‘Un poeta’

In Concorso è passato l’italiano ‘Fuori’, che Mario Martone ha dedicato a Goliarda Sapienza (1924-1996), un’attrice e scrittrice italiana, atea e anarchica. Partendo dal fatto che non molti conoscono l’opera di scrittrice di Goliarda Sapienza, soprattutto al di fuori dall’Italia, il film di Martone non riesce a dire molto di più di una donna che è stata cinque giorni in carcere per un piccolo furto e su questo episodio, spiegato a metà film, costruisce alcuni lacerti del rapporto fra tre donne, non sempre chiaro, ma soprattutto visto dagli occhi esterni di un uomo, il regista che si compiace di riprenderle sotto la doccia o nella costruita sensualità di un bacio. Quello di Martone è infine un ritratto isolato e narrativamente confuso di una donna, un film d’atmosfera vagante e disordinata, girato in una foschia dorata di tardo pomeriggio romano. La noia prevale nonostante l’impegno di una veterana come Valeria Golino nella parte della protagonista, meglio di lei Matilda De Angelis in quello di una tossicodipendente, sua musa ispiratrice. Il film, con la sua pochezza, non rende un buon servizio alla scrittrice.

Meglio fa, restando alla letteratura, un film applauditissimo come ‘Un Poeta’ del colombiano Simón Mesa Soto, fuori Concorso ma di sicuro il film di cui tutti qui a Cannes parlano, definendolo la vera sorpresa del Festival. ‘Un poeta’ è capace di far scoppiare le risa, di commuovere, di essere dramma e commedia, di lasciare nella mente personaggi che nella loro umiltà regalano un senso al vivere. Il regista ci porta a conoscere l’ossessione di Oscar Restrepo per la poesia, che lo ha costretto al suo autocondannarsi nel cliché del poeta maledetto. Sempre ubriaco, dorme per strada e si è allontanato dalla moglie e dalla figlia; vive in casa con la madre, mentre la sorella lo spinge a tornare a insegnare. Per pietà, gli danno una classe di poesia per inesperti: qui incontra Yurlady, un’adolescente di umili origini. Con grande amore, lui rinuncia a bere per aiutare lei a vincere un concorso di poesia, instaurando un rapporto che lo riunirà alla famiglia e lo farà diventare finalmente poeta. Un grande film!

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