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Chi fotografò davvero Napalm girl?

Su Netflix ‘The Stringer – The Man Who Took the Photo’, documentario che riscrive, o prova a farlo, la paternità della foto-simbolo della guerra in Vietnam

Di Beppe Donadio

“Ho guardato nell’obiettivo e l’ho vista correre a braccia aperte. L’ho fotografata. Quando mi è passata accanto ho visto la pelle staccarsi, il corpo ustionato. Ho pensato: ‘Non voglio più foto di lei. Morirà tra pochi minuti’”.

Vietnam del Sud, 8 giugno 1972. Sul villaggio di Trang Bang occupato dalle forze nord-vietnamite, un aereo dell’esercito sud-vietnamita sgancia quattro bombe al napalm. Kim Phúc, 9 anni, fugge dal Tempio Caodai insieme ad alcuni membri della sua famiglia e a soldati sudvietnamiti, scambiati per quelli del Nord e dunque bombardati. Nuda, sul corpo i segni delle ustioni, gridando “Nóng quá, nóng quá” (Fa troppo caldo, fa troppo caldo), Kim corre in direzione dei fotografi della stampa schierati in fondo alla strada, distanti dall’esplosione e in avvicinamento. A fotografare lei e altri bambini in lacrime è il vietnamita Nick Ut, un 21enne che fotografa per l’Associated Press (Ap) sin dall’età di sedici anni, dopo la morte del fratello maggiore, anch’egli al servizio dell’Ap. Il virgolettato iniziale gli appartiene, è tratto da una delle tante interviste rilasciate dopo le commemorazioni e i premi vinti per quella che è una delle immagini-simbolo della guerra in Vietnam. Poco dopo avere scattato, Ut porta Kim e gli altri bambini feriti in un ospedale di Saigon, poi torna nel suo studio, sviluppa la pellicola e la gira ai superiori.

Nella sede di Saigon il tedesco Horst Faas, capo fotografo dell’Ap per il Sud Est asiatico, decide di forzare la politica vigente al tempo sulle fotografie di nudo, ancor più rigida per il fatto che il nudo riguarda una bimba. Il giorno dopo il bombardamento di Trang Bang, quella che il mondo chiamerà e ancora chiama ‘Napalm girl’ sarà in prima pagina sul New York Times e poi ovunque. Per quello scatto intitolato ‘The Terror of War’ sarà la World Press Photo del 1973 e Nick Ut vincerà il Pulitzer. Lo stesso era accaduto all’Ap con Malcolm Browne nel 1963 per il reportage sul monaco buddista datosi fuoco per le strade di Saigon, con Faas nel 1965 per il saggio fotografico sul Vietnam (Faas avrebbe vinto un altro Pulitzer anni dopo per la guerra di liberazione del Bangladesh) e con Eddie Adams nel 1968, l’otturatore premuto in sincrono con il grilletto della pistola che giustiziò un Viet Cong nell’immagine passata alla storia come ‘Saigon Execution’.

Il segreto di Pulcinella

Eccezion fatta per la ricostruzione del bombardamento e per il calvario di Kim Phúc – un anno di ricovero e una ventina di interventi chirurgici e innesti cutanei, oggi Napalm girl è ambasciatrice dell’Unesco oltre che simbolo dell’umana inumanità –, questo è ciò che dice la storia di quella fotografia almeno sino a ‘The Stringer – The Man Who Took the Photo’, documentario diretto da Bao Nguyen, approdato infine su Netflix ma presentato al Sundance Film Festival del 2025. Qualcosa di già circolante insomma, come la notizia che l’autore potrebbe non essere Nick Ut bensì uno ‘stringer’, un freelance. È il fotogiornalista e fondatore della VII Photo Agency, Gary Knight, a caricarsi della rivelazione di quello che tra i fotografi sarebbe un ‘segreto di Pulcinella’. Sempre stando a quanto dice Carl Robinson, ottuagenario ex photo editor che nei giorni di Trang Bang lavorava negli uffici dell’Ap a Saigon e dopo cinquant’anni, preso dai sensi di colpa, si è deciso a raccontare di quando Horst Faas, uno con il quale era meglio andare d’accordo, decise che l’autore di quella fotografia dovesse essere Nick Ut, forse per motivi legati al prestigio dell’agenzia, forse perché i freelance locali lavoravano a 20 dollari a reportage, forse per motivi che lasciamo al documentario.

Quel che conta è che l’8 giugno del 1972 Robinson avrebbe ricevuto pellicole sia da Ut che da altri due corrispondenti vietnamiti, uno dei quali non era un collaboratore abituale, e le avrebbe etichettate come da direttive in essere. Robinson è certo che la foto di Kim ritratta frontalmente mentre fugge non fosse opera di Ut, che la bambina l’avrebbe al massimo ritratta di fianco. Nick Ut potrebbe essere la vittima inconsapevole di scelte aziendali oppure un opportunista, Robinson un mite schiacciato dalle responsabilità o un rosicone in cerca di rivalsa, il vero autore dello scatto – che Knight cerca con l’aiuto di un team di giornalisti – l’ennesimo degli usurpati nella storia del furto di opere dell’intelletto o un mitomane.

La mia parola contro la tua?

‘The Stringer’ ha il crescendo del thriller ma senza scene madri, le musiche senza troppa ansia e le riprese senza troppi droni. Apre una finestra sulle sensibilità del fotogiornalista e sui meccanismi della caccia alle informazioni (“Il conflitto in sé non è che m’interessasse granché”, dice qualcuno nel film, forse rivendicando il necessario distacco dalle brutture della guerra, forse no). L’indagine di Knight ha il suo picco nell’incrocio delle fotografie dell’8 giugno 1972 con le riprese video della britannica ITN e della statunitense NBC effettuate quel giorno, da cui la più precisa collocazione sulla scena di Ut e del freelance. Se l’Ap avesse aperto i propri archivi senza prima aver voluto vedere il film, forse oggi sulla paternità di ‘The Terror of War’ si avrebbero più certezze. Alla no-profit World Press Photo, è notizia di giugno, ‘The Stringer’ è comunque bastato per sospendere l’assegnazione del premio del 1973.

Con Nick Ut che minaccia una causa per diffamazione e rifiuta di comparire nel film, con Kim Phúc che ancora riconosce in lui il salvatore (c’è chi racconta un’altra storia) e oppone ai produttori lo stesso rifiuto, con l’Ap che fa altrettanto e soprattutto con i molti testimoni passati a miglior vita e che della vicenda – Faas, per esempio – non possono più dire nulla, sta a chi guarda giudicare se in campo vi siano ‘la mia parola contro la tua’ o uno dei furti del secolo.

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2025-12-19T08:00:00.0000000Z

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